«L’eventuale mancata conversione in legge del dl di riordino delle province comporterebbe una situazione di caos istituzionale». A lanciare l’allarme è la Funzione pubblica che ha messo a punto un dossier per spiegare come, qualora la riforma venisse affossata dal senato, le conseguenze non sarebbero solo di natura economica. Le città metropolitane per esempio, che dovrebbero essere istituite nel 2014, resterebbero tali solo sulla carta e la loro operatività sarebbe ostacolata da una serie di fattori: mancanza di definizione del sistema elettorale del consiglio metropolitano; incertezze sui rapporti tra sindaco del comune capoluogo e sindaco metropolitano; incertezze sui rapporti patrimoniali e finanziari; perimetro diverso per Firenze e Milano (al momento non è ancora chiaro se Prato e Pistoia entreranno nell’area metropolitana del capoluogo toscano e se Monza unirà o meno i suoi destini a quelli del capoluogo lombardo).Ma quel che è peggio, è che la mancata conversione in legge del dl 188 segnerebbe un «sostanziale ritorno al decreto Salva Italia». Con due conseguenze: «rinascerebbero» 35 province oggi abolite e in più le regioni, non potendo allocare le attuali funzioni provinciali a livello comunale (trattandosi per l’appunto di funzioni di area vasta e quindi di livello sovraccomunale) dovrebbero tenerle per sé «con conseguente lievitazione dei costi per il personale e la probabile costituzione di costose agenzie e società strumentali per l’esercizio delle funzioni». Se le regioni non provvederanno, dovrà intervenire lo stato in via sostitutiva. Il quadro tratteggiato dal ministero guidato da Filippo Patroni Griffi è a tinte fosche: «si vivrà un periodo di incertezza per l’esercizio di funzioni fondamentali per i cittadini (come manutenzione di scuole superiori e strade, gestione rifiuti, tutela idrogeologica e ambientale)», si legge nello studio. E ancora: «Si porrà il problema dei mutui contratti dalle province con banche e soprattutto con la Cassa depositi e prestiti: a questi dovranno subentrare regioni o comuni o dovranno essere frazionati». Infine, prevede palazzo Vidoni, si rischierà il blocco della amministrazione periferica dello Stato che è organizzata su base provinciale.
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