I tagli alle province verranno in parte reintegrati. Il sacrificio di 445 milioni di euro chiesto per il 2014 rischia di portare molte amministrazione al default vanificando la continuità nell’erogazione dei servizi a cui gli enti intermedi, in attesa di conoscere il dettaglio delle funzioni da cedere ai comuni o alle regioni, sono comunque chiamati dalla legge Delrio. Un tavolo di lavoro presso il ministero dell’economia (lo coordina il sottosegretario Pier Paolo Baretta) sta analizzando le situazioni contabili più a rischio alla luce dei risultati della «due diligence» sui bilanci provinciali avviata dall’Upi con il supporto del Mef e del Viminale. E già nella prossima Conferenza unificata dell’11 settembre (in cui si sancirà l’accordo tra stato, regioni, comuni e province sul trasferimento delle funzioni) il tema del reintegro delle risorse sarà all’ordine del giorno. Anche se ovviamente per ora è presto per parlare di cifre. Ad anticiparlo è stata il ministro per gli affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, nel corso dell’assemblea dei piccoli comuni dell’Anpci svoltasi a Calopezzati (Cs). E la conferma è arrivata dallo stesso Baretta che ha ammesso che «il tema della precaria situazione finanziaria delle province è ben presente al governo che sta aspettando il risultato del monitoraggio avviato dalla ragioneria dello stato». Il riordino delle province si intreccia a doppio filo con la sorte dei piccoli comuni che temono, senza un ente di area vasta a svolgere da collante, di rimanere confinati in una dimensione di marginalità. Le province «light» (trasformate dalla legge Delrio in enti di secondo livello) senza soldi non riescono infatti a erogare servizi e molte hanno già alzato bandiera bianca. Come la provincia di Cuneo che ha già comunicato ai piccoli comuni di non poter provvedere allo sgombero delle strade dai rovi e ha chiesto ai sindaci di attivarsi. O quelle abruzzesi e calabresi che per il momento non sono in grado di assicurare la pulizia delle strade dalla neve per il prossimo inverno. Il progressivo disimpegno delle province dalla gestione delle funzioni tuttora di loro competenza preoccupa non poco i mini enti, alle prese con gli obblighi di associazionismo che impongono di svolgere insieme ulteriori tre funzioni fondamentali entro il 30 settembre. Una dead line che pochi municipi finiranno per rispettare, esattamente come accaduto a giugno. Molti piccoli comuni, infatti, sono sul piede di guerra perché sottolineano la difficoltà nell’individuazione concreta delle funzioni fondamentali elencate dal dl 95/2012. E all’obbligo di mettere insieme funzioni, rispondono con la proposta di dar vita a convenzioni «a stella» per la gestione dei servizi in forma associata sulla base di criteri di efficacia ed efficienza dettati esclusivamente dai costi standard. «Non siamo contrari all’associazionismo», ha chiarito la presidente dell’Anpci Franca Biglio, «ma vogliamo che queste istanze nascano dal basso nel rispetto dell’autonomia. Chiediamo al governo di metterci alla prova: tre anni di tempo per gestire i servizi in forma associata nel rispetto dei costi standard. È una sfida che non ci preoccupa visto che sono soprattutto i piccoli comuni a essere in grado di applicare i parametri di virtuosità». Ma dal ministro Lanzetta non sono arrivate grandi aperture sul punto. «La legge Delrio è una legge dello stato e, piaccia o no, va applicata», ha replicato. «I mini enti non devono chiudersi nel localismo e devono capire che spesso molte piccole realtà comunali non hanno le professionalità necessarie per gestire servizi e grossi finanziamenti».
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