Ventiquattromila esuberi. Duecentouno milioni di risparmio dall’introduzione del cedolino unico, novanta dal taglio degli affitti, quasi 54 dal livellamento dei buoni pasto a sette euro. A tre giorni dall’approvazione in Consiglio dei ministri del decreto sulla spending review, e a poche ore dal suo battesimo in Parlamento, oggi al Senato, la relazione tecnica allegata svela un po’ di dettagli sui numeri dell’ultimo provvedimento del governo. A cominciare dalle previsioni sugli esuberi: 24mila si calcola che siano i dipendenti pubblici in più, di cui 11mila nell’amministrazione centrale (5.600 nei ministeri, gli altri negli enti pubblici non economici), e 13mila negli enti territoriali, escluse le Regioni. Ma ottomila potrebbero essere le persone con i requisiti per scivolare verso la pensione: tra gli 11mila, sarebbero seimila i pensionabili al 31 dicembre scorso e duemila negli enti locali. Numeri che però, spiegano dal ministero della Funzione pubblica, sono calcolati sul presupposto di tagli lineari, senza tenere conto di alcune variabili come il meccanismo delle compensazioni e il fatto che i prepensionamenti saranno usati come sistema di gestione degli esuberi. Per questo, secondo i loro calcoli, alla fine potrebbe essere più alto il numero dei prepensionamenti, il che restringerebbe il numero di dipendenti da mettere in mobilità. Ma la relazione illustra molti altri numeri interessanti, stime di risparmio su interventi anche apparentemente minori. Vedi il cedolino unico di pagamento: le amministrazioni dovranno stipulare convenzioni con il Ministero delle finanze per omogeneizzare il sistema di pagamento, un piccolo gesto che porterà a trattenere nelle casse dello Stato 201 milioni a regime. O, ancora, rendendo omogenee le assunzioni, si arriverà nel 2016 a risparmiare la bellezza di 1,1 miliardi: dalle Università ai vigili del fuoco alla polizia, è stabilito che fino al 2014 le assunzioni potranno essere pari al 20% di chi se ne va, al 50% nel 2015, e solo nel 2016 potranno finalmente contare sul pieno reintegro. Ancora, risparmi record, 1,6 miliardi, sono previsti grazie agli acquisti centralizzati della Consip. La sanità frutterà due miliardi di risparmi a regime: dalla razionalizzazione di beni e servizi (le siringhe come le pulizie) si prevedono 500 milioni da sborsare in meno; 20 milioni verranno nel 2013 dal taglio dei posti letto negli ospedali, e 50 nel 2014. Anche dagli interventi sulla giustizia è ovviamente previsto un vantaggio per le casse dello Stato: la riduzione di uffici del giudice di pace, sedi distaccate e uffici giudiziari circondariali si stima che porterà a preservare 35 milioni nel 2012 e 70 nel 2013. Tagli anche ai costi delle intercettazioni: 20 milioni di meno nel 2012, 40 l’anno prossimo. Ma i risparmi prodotti da questo decreto (4,5 miliardi per il 2012, 10,5 nel 2013 e 11 nel 2014) non basteranno: serve trovare altri 6,5 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva nel giugno prossimo. Ma un terzo provvedimento sulla spending review verrà messo a punto in base alle analisi a cui stanno lavorando gli esperti nominati dal governo, Amato e Giavazzi. Con questo rosario di cifre il Parlamento comincerà a confrontarsi a partire da oggi a Palazzo Madama. Il decreto scade ai primi di settembre, ma il governo punta a incassare la conversione in legge prima della pausa agostana. Difficile da digerire per il Pd, che non tollera i tagli alla sanità, come già dichiarato dallo stesso Bersani (da sottolineare l’eccezione di Follini: per lui il Pd «dovrà esercitare tutta la sua costruttività nel passaggio parlamentare»); meno indigesto al Pdl: «Non so dove Squinzi veda casi di macelleria sociale», commenta l’esperto di previdenza del Pdl, Giuliano Cazzola. Scontata la contrarietà di Idv («fa pagare tutto ai poveri e niente ai ricchi, ma il peggio è che oltretutto non serve a niente»). Dalla Lega Maroni dice che sul taglio alla spesa pubblica c’è il consenso dei cittadini, ma «nel decreto gli enti inutili non sono tagliati».
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento