Riforma Pa, Rai, unioni civili: Renzi tenta lo sprint

L’agenda parlamentare. Dopo la frenata sulla legge costituzionale, il presidente del Consiglio ha l’esigenza di portare al traguardo provvedimenti del suo programma

Marcello Serra 15 Luglio 2015
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Prima che si chiuda il Parlamento per la pausa estiva, Matteo Renzi vuole mettere fieno in cascina in vista dell’autunno. Accantonata la prova di forza sulla riforma costituzionale del Senato, che arriverà nell’aula del Senato a settembre, il premier punta adesso all’approvazione definitiva della riforma della Pubblica amministrazione. Il provvedimento entro questa settimana dovrebbe essere approvato alla Camera e poi passare a Palazzo Madama dove si corre anche per arrivare al via libera sulla Rai e sulle unioni civili. 

Il sì alla riforma della Pa consentirebbe al premier di confermare anche di fronte ai partner europei la marcia riformista intrapresa dall’Italia, lasciando sullo sfondo le divisioni della maggioranza e del Pd, in particolare, su cui dopo l’esito negativo delle elezioni regionali si era concentrata l’attenzione. Divisioni che restano e che pesano soprattutto al Senato dove Renzi deve fare i conti con la minoranza Pd che è ben decisa a mettersi di traverso sulla riforma costituzionale. Non a caso il documento sottoscritto dai 25 senatori della sinistra Pd in cui si chiede, tra l’altro, di tornare all’elezione diretta rivedendo l’articolo 2 , la risposta del governo è stata la disponibilità a mantenere aperto il confronto senza forzare i tempi. Tant’è che non viene neppure dato per scontato il licenziamento del testo da parte della commissione Affari costituzionali prima della pausa estiva. «Faremo di tutto perché possa esserci il consenso di tutto il Pd e della maggioranza del Parlamento», ha garantito il premier. Il timore della minoranza, come ha detto esplicitamente il bersaniano Miguel Gotor, è che il governo punti a rendere ininfluenti i voti della minoranza «mercanteggiando» in aula l’appoggio dei senatori vicini al forzista Denis Verdini che dovrebbe dar vita a un suo gruppo parlamentare entro fine luglio, quando scadranno i termini per la presentazione degli emendamenti alla riforma costituzionale. 

Dentro Fi l’uscita di Verdini è ormai data per scontata e non preoccupa più di tanto. Così come la nascita domani del partito dei Conservatori riformisti di Raffaele Fitto. Il rischio vero piuttosto è la tentazione egemonica di Salvini sul centrodestra. E per questo gli azzurri (vedi Maurizio Gasparri) non si sono lasciati sfuggire l’occasione di bacchettare il leader della Lega per le posizioni contraddittorie assunte nei confronti di Tsipras: «Prima ha inneggiato a Tsipras in funzione anti europea, ora dice che non bisogna dare soldi alla Grecia. Eppure ha sostenuto Tsipras che vuole il massimo dei soldi possibili continuando a non far pagare tasse adeguate ai suoi cittadini». E contro Salvini è intervenuto anche Umberto Bossi che ha criticato le sparate del segretario federale del Carroccio sull’uscita dall’euro («Non voglio litigare con Salvini. E non sono un mago per dire cosa succederebbe. Ma il Nord, le imprese del nord, ne uscirebbero distrutti»). La replica di Salvini non si è fatta attendere: «Bossi esprime un parere ma il segretario della Lega sono io».

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