Rinnovi e salari accessori, pubblico impiego in trincea

Marcello Serra 14 Gennaio 2016
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Mentre sulla riforma dei modelli contrattuali si lavora a un allineamento delle regole di base fra dipendenti privati e pubblici (si veda l’articolo a fianco), si scalda il clima sul rinnovo dei contratti degli statali, in un contesto reso problematico anche dalle incognite sul salario accessorio in Regioni ed enti locali a partire dal caso-Roma.

Ieri gli esecutivi unitari della funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil hanno annunciato «un fitto calendario di scioperi e mobilitazioni territoriali» che «riguarderanno tutte le regioni» per rilanciare i rinnovi contrattuali. Il nodo principale del contendere è rappresentato dalle risorse messe sul piatto dalla legge di Stabilità, 300 milioni di euro (74 a Forze armate e Corpi di polizia e 7 al personale statale non privatizzato come i magistrati e i docenti universitari), a cui si aggiungono quelle che Regioni ed enti locali dovranno trovare per finanziare le nuove intese.

Questa dote, considerata largamente insufficiente dai sindacati, è sostenuta dal Governo sulla base del fatto che la sentenza 178/2015 della Corte costituzionale, quella che ha imposto di riavviare i contratti pubblici, ha “salvato” i vecchi blocchi, per cui i calcoli sono stati basati sulla mini-inflazione attuale. Sei anni di stop, però, hanno nutrito le attese degli statali, e sul punto le distanze sono massime.

Una lunga trattativa, poi, è in corso sulla riduzione dei comparti pubblici, una delle parti strategiche della riforma Brunetta che è stata accantonata per anni ma che diventa obbligatoria, appunto, dal «primo rinnovo contrattuale» successivo alla sua entrata in vigore. Sul tema, dopo mesi di confronto che hanno fatto tramontare le ipotesi più “coraggiose”, si attende un nuovo confronto fra i sindacati e l’Aran, l’agenzia negoziale per il pubblico impiego, che dovrebbe partorire la geografia a quattro comparti al posto dei 12 attuali. Scuola, sanità ed enti territoriali dovrebbero stare a sé, e il quarto «compartone» dovrebbe radunare tutta l’amministrazione centrale, articolandosi in “settori” per avviare un allineamento progressivo di regole e livelli retributivi di base.

Regioni ed enti locali, però, prima che al rinnovo dei contratti guardano alle traversie del salario accessorio, figlio degli integrativi che in molte amministrazioni sono andati fuori regola e hanno inciampato nelle contestazioni della Ragioneria generale e della Corte dei conti.

Oggi dovrebbe essere il giorno della verità a Roma, perché dopo i confronti infruttuosi dei giorni scorsi il Campidoglio rischia di trovarsi nell’impossibilità pratica di garantire l’accessorio a gennaio: il risultato sarebbe una busta paga alleggerita e una serie di agitazioni. Cgil, Cisl e Uil annunciano due assemblee di piazza, il 20 gennaio per la polizia locale e il 21 per amministrativi ed educatori, mentre il sindacato dei vigili urbani prospetta il rischio di una «Capitale ingestibile». Fuori da Roma, il problema è legato soprattutto alle modalità di recupero delle somme “di troppo” assegnate ai dipendenti negli anni scorsi, su cui è intervenuta senza successo la sanatoria tentata nel 2014. Per sciogliere una volta per tutte questi nodi l’Anci ha chiesto alla Funzione pubblica un incontro urgente.

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