Il giorno dopo le elezioni, come da tradizione, hanno vinto tutti. Ma dopo più di tre settimane dalla chiusura delle urne, sui risultati del voto per le Rsu delle Pubbliche amministrazioni si è fermi ai comunicati stampa di Cgil, Cisl e Uil. E i risultati ufficiali? Scomparsi. Dispersi. Inghiottiti dalla piattaforma telematica messa in campo dall’Aran che, alla prova sul campo, ha ceduto di schianto. Scuole, enti locali, uffici pubblici in tutta Italia hanno provato a mandare online a Roma i risultati conteggiati nelle loro amministrazioni ma dopo svariati tentativi a vuoto, accompagnati dal corollario di improperi tipici di quando i computer fanno le bizze, hanno rinunciato. C’è chi ha provato con la Pec, e molti hanno optato per la vecchia raccomandata che ha funzionato egregiamente fino a oggi (le Rsu si eleggono così da 14 anni) e che ora inonda i tavoli dell’agenzia negoziale. Senza che, ovviamente, si capisca chi e come deve conteggiarli, meglio se evitando doppioni con chi è riuscito a imboccare la strada informatica prima che franasse. Vista oggi, insomma, l’emergenza neve che aveva imposto la prima proroga al voto era il segnale che il turno elettorale nasceva sotto una cattiva stella. I problemi veri, però, devono ancora venire. I risultati certificati dall’Aran servono a capire quali sigle raggiungono la soglia di rappresentatività, e a spartire fra loro posti e relativi permessi. Ma come si fa a proclamarli, ora che la tempesta ha inghiottito i dati? A porsi il problema, naturalmente, sono prima di tutto i sindacati che viaggiano sul filo dei requisiti minimi: la Confsal, e in particolare il suo dipartimento autonomie locali e Polizia locale (Diccap) ha inviato una diffida ai vertici dell’Aran che si occupano del problema per evitare pubblicazioni di dati “incerti”, e si dice pronto a interessare Procura della Repubblica e della Corte dei conti. L’unica consolazione, paradossale, è che l’innovazione ha deciso di mostrare il lato debole proprio in un momento in cui le Rsu potranno sopportare tanto bailamme, perché non sono mai state così prive di compiti nella storia del pubblico impiego: contratti e retribuzioni individuali, infatti, sono bloccati fino al 2014, e le materie organizzative sono sottratte alla concertazione dalla riforma Brunetta.
Gianni Trovati
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