L’ambizione della legge era archiviare una volta per tutte, dopo quasi vent’anni, il modello forgiato da Roberto Formigoni che ha fatto esplodere l’offerta di cura del privato con un proliferare però di vicende giudiziarie. Doveva cambiare un’era geologica, in effetti alcune novità importanti ci sono. Il principio della riforma scritta da Fabio Rizzi (Lega) e Angelo Capelli (Ncd) è di fare dialogare gli ospedali con gli ambulatori territoriali. È il motivo per cui nascono le Agenzie sociosanitarie territoriali (Asst), che uniscono tutta la filiera sanitaria: d’ora in avanti gli ospedali si dovranno preoccupare anche di seguire il paziente nelle cure sotto casa. “Con le nuove Asst che integrano l’ospedale al territorio – commenta fiducioso Maroni dopo il voto – anticipiamo il futuro”.
Un allegato alla riforma definisce la mappa territoriale delle Agenzie di tutela della salute (Ats) che sostituiranno le Asl, e delle Aziende socio-sanitarie territoriali (Asst) che almeno per ora dovrebbero soppiantare tutte le Ao per garantire un collegamento tra ospedale e territorio. Nascono inoltre un maxi-polo pediatrico a Milano, l’assessorato unico al Welfare e un’Agenzia di vigilanza e controllo. Viene salvato il principio della libertà di scelta del cittadino, che potrà continuare a rivolgersi indifferentemente agli ospedali pubblici e a quelli privati accreditati. Ma la Sanità privata, esplosa nel ventennio formigoniano, avrà meno margini di manovra: il Pirellone potrà chiedere alle strutture accreditate di offrire le prestazioni ritenute necessarie a soddisfare i bisogni dei cittadini e non più solo quelle scelte da ciascun imprenditore.
Tra i perni della riforma la sostituzione delle Asl con le Agenzie di tutela della Salute (Ats) che avranno solo compiti di programmazione. Saranno 8 in sostituzione delle attuali 15 Asl: nascono le Ats Insubria (Varese e Como), Brianza (Monza e Lecco), Bergamo, Brescia, Pavia, Val Padana (Cremona e Mantova), Città Metropolitana (Milano e Lodi) e Montagna (Sondrio, Valtellina e Valcamonica). La separazione dei ruoli tra chi programma i bisogni sanitari e chi concretamente offre le prestazioni mediche è un pilastro della nuova legge ed è considerato un modo per governare meglio il sistema sanitario. “Con la riforma a regime – ha affermato ancora Maroni – la Regione prevede di recuperare circa 300 milioni di euro da reinvestire nel sistema sanitario in particolare per ridurre i ticket sanitari, le liste d’attesa e le rette delle Residenza sanitarie per anziani”.
La legge istituisce poi 27 Asst che sostituiscono le Aziende ospedaliere (Ao) che dovranno erogare le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, garantendo prestazioni e cure territoriali in sinergia con gli ospedali che confluiranno nelle aziende stesse. Ogni Asst avrà un direttore generale unico, ma sarà suddivisa in 2 strutture distinte con gestione e bilanci separati: il Polo ospedaliero affidato a un direttore sanitario, la Rete territoriale con un direttore sociosanitario. Nella notte alle 22 già definite in commissione se ne sono aggiunte cinque: Niguarda e Gaetano Pini a Milano, Spedali Civili a Brescia, Papa Giovanni XXIII a Bergamo, Crema.
Nasce, come detto, anche l’ assessorato unico al Welfare, che raggrupperà Sanità e Politiche sociali. Sarà nominato entro il 31 agosto, fa sapere Roberto Maroni questa mattina, scartando l’ipotesi di un lungo interim nel quale avrebbe avocato a sé la delega in vista di un rimpasto di fine settembre. Il nome del super assessore Mario Mantovani, oggetto di tensioni nella maggioranza, resta comunque in lizza.
L’opposizione non festeggia ma qualcosa ha ottenuto. “Meno ticket, più controlli, manager non più politicizzati, ruolo dei comuni nella programmazione dei servizi”. Sono tra i risultati che Pd, M5S e Sel hanno strappato al tavolo della trattativa dopo aver intrapreso insieme la linea dura sulla riforma della governance della sanità, con oltre 24mila ordini del giorno e quasi tremila emendamenti. Rimane però, come detto, la contrarietà sull’impianto generale della legge e sulla modalità con cui è stato condotto il dibattito fino ai lavori d’Aula, e permane quindi il giudizio finale negativo, “ma quanto ottenuto è indubbiamente un successo di Pd, M5S e Patto Civico nell’interesse dei cittadini”, dicono i tre . Da qui la decisione di cessare l’ostruzionismo e di mantenere gli emendamenti e gli ordini del giorno di merito, che caratterizzano la visione dei tre gruppi rispetto alla riforma voluta da Maroni.
Umberto Ambrosoli, 43 anni, leader del centrosinistra al Pirellone parla di un “guscio vuoto” e sintetizza il concetto con l’esempio del polo pediatrico che avevamo raccontato martedì. “E’ una riforma a metà in cui manca la visione politica. Basta pensare alla spianata del Policlinico: sono stati abbattuti vecchi padiglioni e si sta vendendo il patrimonio immobiliare per costruirne di nuovi: avrebbero dovuto essere riempiti dall’ospedale del bambino, che invece forse sarà da tutt’altra parte, con buona pace della valorizzazione delle eccellenze”. Il centrosinistra contesta anche un “proliferare di agenzie, osservatori, tavoli tematici, accademie, scuole, gruppi di lavoro. Non si capisce chi deve fare cosa. E i costi, su cui manca qualsiasi tipo di valutazione, rischiano di esplodere”.
Dario Violi, Capogruppo del M5S Lombardia, commenta: “Tra i risultati tangibili ottenuti nel confronto con la maggioranza, nell’ambito delle proposte del M5S, la stabilizzazione dei precari e un’agenzia di controllo che possa finalmente mettere la parola fine al pantano degli scandali che affogano la Sanità lombarda. La soluzione trovata, con una agenzia nelle mani delle opposizioni, potrà prevenire casi come il Santa Rita e il San Raffaele che, oltre allo sperpero di denaro pubblico, hanno coinvolto i cittadini in casi gravissimi di malasanità. Non da ultimo abbiamo corretto un articolo della legge che avrebbe dato il via libera a finanziamenti indiscriminati al privato. Questa riforma comunque non migliora il sistema perché va solo nella direzione del finanziamento ai privati: per il M5S la Sanità deve essere realmente pubblica come dice l’articolo 32 della Costituzione”.
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