Segretari: i posti latitano i concorsi si moltiplicano

Lettera/1. Nuove selezioni mentre centinaia di vincitori sono disoccupati

Marcello Serra 10 Ottobre 2011
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Siamo un gruppo di segretari comunali neo-vincitori del corso-concorso denominato C.o.a. III. A distanza di 4 anni e mezzo dalla pubblicazione del bando di concorso (avvenuta il 6 marzo del 2007) centinaia di segretari comunali sono ancora in attesa di una sistemazione lavorativa mentre un nuovo corso per la formazione di altri 260 segretari comunali ha avuto il via il 21 settembre 2011 e un altro, è in fase di svolgimento. La procedura selettiva si è svolta attraverso una lunga serie di prove preselettive e selettive e poi di corsi-concorsi di specializzazione più tirocinio tra il 2007 e fine 2010. Le lungaggini dell’iter concorsuale e l’obbligo di tirocinio hanno costretto molti a dimettersi dai precedenti impegni di lavoro. Il corso-concorso pubblico è costato in totale 8.194.590 di euro, cioè 21.564 per ogni corsista. Dopo aver superato tutte queste prove e un’attesa di altri sei mesi solo per l’autorizzazione all’iscrizione all’albo, ecco i problemi maggiori. Il numero dei posti a disposizione nelle varie regioni, basato su stime realizzate dalle Prefetture e vidimate dall’Agenzia nazionale, non erano veritiere e sono la causa principale dello stato di disoccupazione di centinaia di segretari comunali, parcheggiati negli albi perché i sindaci, anziché provvedere alla nomina di un segretario titolare (figura obbligatoria presso ogni Comune) fanno ricorso a sedi di segreteria convenzionate e “dilatate” (ci sono esempi di convenzioni tra 5, 6 o anche più Comuni), o all’abitudine dello “scavalco”, cioè la supplenza che dovrebbe essere un istituto eccezionale e temporaneo e invece divenuto la regola in molti piccoli Comuni. La volontà dei sindaci di proseguire su questa strada, l’avallo da parte delle istituzioni territoriali, la condotta di molti segretari in carriera, condanna i segretari di nuova iscrizione a un’ingiusta e frustrante inoccupazione. Non si capisce perché, in quei sei lunghi mesi di attesa per l’iscrizione all’albo, il ministero degli Interni non abbia attivato le Prefetture regionali per regolamentare le situazioni esistenti.

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