L’art. 10, comma 2-bis, del d.l. n. 90 del 2014, introdotto dalla legge di conversione n. 114 del 2014, ha previsto che “Negli Enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune (…) è attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore ad un quinto dello stipendio in godimento.”
Giova qui ricordare che i segretari comunali e provinciali sono classificati in tre diverse fasce professionali (C, B e A) cui corrisponde l’idoneità degli stessi alla titolarità di sedi di comuni (e province) differenziate a seconda della consistenza della popolazione amministrata, ed anche il trattamento retributivo è differenziato secondo le suddette fasce: i segretari di fascia A e B sono equiparati alla qualifica dirigenziale quanto a stipendio tabellare e indennità di posizione, mentre i segretari comunali di fascia C, non equiparati a dirigenti, percepiscono stipendio e indennità di importo ridotto.
Sulla interpretazione della norma prevista dal citato art. 10, comma 2-bis, del d.l. n. 90 del 2014, la Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti, era inizialmente intervenuta con la deliberazione n. n.21/SEZAUT/2015/QMIG, enunciando il seguente principio di diritto: “Alla luce della previsione di cui all’art. 10, comma 2-bis del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n.114, i diritti di rogito competono ai soli segretari di fascia C.”.
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