Smart Working come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nella P.A

Il POLA, quale strumento di transizione dalla fase emergenziale al consolidamento dello Smart Working

22 Luglio 2024
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di Marco Avallone
La pandemia da Covid 19 è ormai alle spalle, i pochi casi isolati di contagio, seppur tenuti sotto il dovuto controllo dal sistema sanitario, non condizionano fortunatamente la vita delle persone.
Tuttavia, la gestione dell’emergenza ha lasciato numerose tracce e alcune eredità positive che è opportuno tenere in considerazione e sviluppare: una di queste è l’avvento del c.d. Smart Working nelle attività lavorative private e pubbliche.
In questo breve articolo concentreremo la nostra attenzione sull’impatto del lavoro agile nel settore della Pubblica Amministrazione.
È superfluo a tal fine ricordare i decreti emergenziali che hanno dato origine al massivo ricorso allo strumento dello smart working, mentre è opportuno soffermarsi sul processo di sviluppo dello strumento nell’ambito della pubblica amministrazione, trattando in particolare della transizione tra la fase di applicazione emergenziale e quella di consolidamento del lavoro agile.
Da questo punto di vista, se può ragionevolmente essere individuato un momento in cui si gettano le basi per il passaggio dal lavoro agile c.d. emergenziale allo smart working quale consolidata modalità lavorativa, nell’ambito della pubblica amministrazione, esso deve senza dubbio essere individuato nell’introduzione del Piano Organizzativo del Lavoro Agile (POLA).

Il POLA

Il POLA è introdotto e regolamentato dall’art. 14, comma 1, della legge n. 124/2015, così come successivamente modificato e integrato , quale strumento per definire le modalità attuative del lavoro agile, nell’ambito delle singole amministrazioni pubbliche. Con il Pola le Pubbliche Amministrazioni programmano gradualmente la transizione dal lavoro agile in regime emergenziale al lavoro agile in regime ordinario.
Con l’introduzione del POLA, il Governo ha voluto accelerare questa fase di passaggio guidando le Pubbliche Amministrazioni in un processo quanto più omogeneo possibile. A tale scopo rispondono le Linee guida del Dipartimento della funzione pubblica, a cui le Amministrazioni devono attenersi ai fini dell’immissione e successiva integrazione del lavoro agile nelle rispettive organizzazioni.
Tale integrazione deve aver luogo senza effetti negativi sull’efficacia e l’efficienza dell’attività amministrativa e senza flessioni sul livello qualitativo dei servizi erogati, garantendo, al contempo, che i lavoratori agili non subiscano penalizzazioni nel riconoscimento di professionalità e nelle progressioni di carriera.
Il POLA, al di là degli aspetti normativi e regolamentari, definisce le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, finanche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente che nelle loro forme associative.
Il Piano rappresenta, quindi, il primo tassello dell’avviato processo di integrazione del lavoro agile nelle organizzazioni pubbliche. Tale strumento, tuttavia, da solo, non è in grado di garantire la piena integrazione del lavoro agile e, pertanto, dovrà essere affiancato, coadiuvato e supportato dagli altri strumenti a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni. Inoltre, non è lo strumento con cui si programmano gli obiettivi delle strutture e degli individui in lavoro agile.
Tali contenuti, invero, trovano la loro formale e fisiologica collocazione nell’ambito dei documenti di programmazione e pianificazione della performance.
Ne consegue che l’implementazione del lavoro agile richiede un ripensamento generale dei modelli organizzativi in essere che non può non riflettersi anche nei contenuti di documenti quali, ad esempio, il Piano triennale per l’informatica, il Piano triennale dei fabbisogni di personale e il Piano triennale di formazione del personale.
Tale circostanza rafforza il messaggio che il lavoro agile non nasce dall’improvvisazione bensì dalla programmazione, intesa come “processo unitario” all’interno delle organizzazioni, nel quale devono convergere in maniera coordinata e coerente i diversi strumenti previsti dal legislatore.

Non a caso il POLA, in un primo momento è stato collocato nell’ambito del più ampio e complessivo Piano della performance e solo dopo – a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 80/2021, che introdotto il P.I.A.O. quale unico strumento di programmazione delle Amministrazioni pubbliche – i suoi contenuti sono stati inseriti in una specifica sezione del suddetto P.I.A.O.
La necessità di integrare l’organizzazione e l’attuazione del lavoro agile nel più ampio contesto della programmazione generale dell’Ente risulta d’altronde evidente dall’analisi delle tematiche contenute nel POLA stesso, che saranno dettagliatamente trattate nelle pagine seguenti.
Il passaggio dalla disciplina alla concreta introduzione ed attuazione del lavoro agile nelle singole realtà amministrative costituisce la fase più delicata e rilevante del processo avviato, alla luce della “stabilizzazione normativa” dello smart working.
Con l’emergenza sanitaria, infatti, le Amministrazioni sono state costrette a considerare il lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione, attuandola in forma semplificata anche in deroga alla disciplina normativa (es: accordo individuale, atti organizzativi interni contenenti le regole per lo svolgimento della prestazione in modalità agile, etc.), senza una previa revisione dei modelli organizzativi.
Ed è proprio in ragione di siffatta regolamentazione minimale, strettamente connessa alle esigenze del distanziamento sociale, che gli Enti pubblici hanno potuto e saputo adottare tempestivamente tale misura nel rispetto delle previsioni dettate dalla decretazione d’urgenza.
In tale scenario, le risultanze del monitoraggio sullo stato di attuazione del cosiddetto “lavoro agile emergenziale” hanno confermato, al di là di alcune specifiche difficoltà attuative, la bontà dell’istituto rendendo auspicabile il suo consolidamento come modalità ordinaria alternativa alla prestazione lavorativa in presenza, in virtù di una serie di effetti positivi che tale processo ha determinato.
Tuttavia, affinché il lavoro agile possa integrarsi compiutamente nelle singole realtà amministrative è necessario porre in essere una serie di azioni dirette a cambiare l’attuale assetto della Pubblica Amministrazione.
In quest’ottica, il riferimento al concetto di “Piano” non è casuale. L’organizzazione e l’attuazione del lavoro agile nel settore pubblico richiede, infatti, una programmazione puntuale e un approccio graduale e progressivo che ciascun Ente dovrà realizzare in un arco temporale triennale.
Tale orizzonte temporale è giustificato dall’esigenza di adottare un diverso metodo organizzativo che richiede un ripensamento complessivo della disciplina del lavoro pubblico.

In proposito, occorre tener conto che l’attuale disciplina normativa e contrattuale del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche, pur in fase di accelerata evoluzione, riflette ancora istituiti (relativi anche al trattamento giuridico ed economico del dipendente) e modelli organizzativi (basati prevalentemente sulla presenza fisica in ufficio del dipendente) che non sempre si raccordano con le esigenze connesse al processo di cambiamento in atto, che necessita di un’azione di revisione complessiva da porre in essere anche con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali.

I vigenti modelli organizzativi, per favorire l’organizzazione agile devono essere in grado:
di adattarsi velocemente ai cambiamenti;
di lavorare in una logica incrementale, rispettando e rispondendo alle esigenze dell’utenza;
di valorizzare il ruolo dei team, caratterizzati dall’intercambiabilità e dalla flessibilità operativa dei componenti.
D’altra parte, lo stesso lavoro agile si basa su elementi che non sempre si rinvengono nei predetti modelli organizzativi, quali:
• Flessibilità dei modelli organizzativi;
• Autonomia nell’organizzazione del lavoro;
• Responsabilizzazione sui risultati;
• Benessere del lavoratore;
• Utilità per l’amministrazione;
• Tecnologie digitali che consentano e favoriscano il lavoro agile;
• Cultura organizzativa basata su collaborazione e riprogettazione di competenze e comportamenti;
• Organizzazione in termini di programmazione, coordinamento, monitoraggio, adozione di azioni correttive;
• Equilibrio tra le esigenze dell’Amministrazione di conseguire i propri obiettivi e quelle dei lavoratori di migliorare il proprio rapporto tra vita e lavoro.
In codesto scenario di generale innovazione e di profondo cambiamento organizzativo, ai fini della compiuta definizione del processo in atto, assumono un ruolo strategico la cultura organizzativa e le tecnologie digitali.

La cultura organizzativa deve essere improntata al change management per valorizzare al meglio le opportunità disponibili nel rinnovato contesto in cui l’Amministrazione deve operare.
Inoltre, deve tendere, prioritariamente, al perseguimento del risultato e deve essere in grado di favorire l’autonomia e la responsabilizzazione dei dipendenti, anche apprezzandone il merito ed il contributo individuale.
Come vedremo più avanti, le tecnologie digitali sono da considerarsi un fattore abilitante indispensabile per lo sviluppo del lavoro agile, anche nelle Pubbliche Amministrazioni. La loro implementazione è un obiettivo non più procrastinabile ai fini di un’azione amministrativa più competitiva, anche attraverso la migliore produttività dei dipendenti.
In quest’ottica, appare fondamentale potenziare il livello di digitalizzazione dei diversi profili professionali, sviluppare le loro competenze digitali trasversali anche tramite la creazione dei cosiddetti “digital workspace”, che consentono di pervenire a nuovi modi di lavorare e rendono il lavoro più innovativo e produttivo poiché strettamente connesso a tipologie di comunicazione, collaborazione e socializzazione che non dipendono più da rigidi orari luoghi di lavoro.
Le condizioni abilitanti sono i presupposti che aumentano la probabilità di successo di una determinata misura organizzativa. Costituiscono le leve fondamentali per l’attuazione del lavoro agile nelle Pubbliche Amministrazioni.
Un’efficiente ed efficace organizzazione del lavoro in modalità agile richiede la sussistenza di imprescindibili fattori abilitanti: a) l’adozione di idonee misure organizzative; b) l’utilizzo di piattaforme tecnologiche; c) l’acquisizione delle necessarie competenze professionali da parte del personale coinvolto.
Le principali misure organizzative da adottare quali pre-condizioni per l’organizzazione del lavoro in modalità agile sono:
1) La «mappatura delle attività gestibili in modalità agile», intesa come la ricognizione, strutturata e soggetta ad aggiornamento periodico, dei processi di lavoro che possono essere svolti con modalità agile (da intendersi come alternanza tra attività in presenza e da remoto). Da questo punto di vista i processi che possono essere gestiti in modalità agile devono avere le seguenti caratteristiche:
• Standardizzazione – avere un loro iter (work flow) definito e che quindi lascia poco margine all’improvvisazione
• Dematerializzazione – poter essere gestiti senza vincoli spaziali
• Omogeneità informatica – avere sistemi informatici/informativi compatibili o dialoganti senza cesure
• Condivisione in termini di conoscenza – avere fasi di lavoro conosciute tra gli operatori
• Sequenzialità – non avere troppe fasi che devono essere realizzate contestualmente, vincolando la flessibilità temporale di chi vi opera
• Snellezza – essere privi di inefficienze o ridondanze, che altrimenti sarebbero portate nella modalità «agile», creando potenziali criticità in un contesto più fragile
L’approccio adottato dall’ente prevede, per la ricognizione della situazione attuale, il ricorso ai sei criteri succitati con una graduazione su tre possibili livelli (3=alto, 2=medio, 1=basso), valutando l’adeguatezza dei processi alla modalità agile in base al punteggio complessivo di 12 su 18. Sono agli atti del Servizio Personale le schede con le valutazioni e l’elenco delle attività gestibili in modalità agile.
2) La revisione dell’organizzazione del lavoro in un’ottica di risultato che favorisca l’integrazione delle procedure lavorative da remoto e riconosca la dovuta autonomia ai dipendenti che prestano la loro attività lavorativa in modalità agile.
In tale contesto è fondamentale il ruolo dei Dirigenti e dei responsabili degli Uffici e Servizi con la loro capacità di esercitare correttamente il potere direttivo e di controllo sulla prestazione lavorativa resa in modalità agile e di verificare la corretta esecuzione delle attività assegnate e degli obiettivi definiti di concerto con il dipendente.
Il fattore tecnologico, inteso quale insieme di presupposti tecnico-informatici in grado di assicurare lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, è certamente un fattore determinante per l’attuazione del lavoro agile nelle Pubbliche Amministrazioni.
Da questo punto di vista rilevano:
1) Le piattaforme telematiche e i sistemi informativi dell’Ente che consentono il lavoro da remoto, la condivisione e lo scambio di dati e informazioni tra l’Ufficio e il dipendente “agile”. Le piattaforme tecnologiche dell’Ente devono garantire i più elevati livelli di protezione dei dati personali e delle informazioni trattate. Tali standard di protezione e sicurezza devono essere, ugualmente, assicurati alle piattaforme su cui operano i dipendenti che prestano la loro attività lavorativa in modalità agile.
2) La digitalizzazione dei servizi e delle procedure costituisce un elemento determinante per l’efficace organizzazione del lavoro agile. Infatti, i servizi digitali rendono possibile la fruizione in modalità on line e riducono, pertanto, la necessità di personale in presenza fisica, altrimenti necessario per l’erogazione all’utenza.

Ulteriore, ma non meno importante fattore abilitante è costituito dalle competenze professionali del personale, ossia dai requisiti individuali che il dipendente deve possedere ai fini dell’efficace espletamento della prestazione lavorativa in modalità agile. Parliamo di competenze tecniche, intese quali adeguate conoscenze dell’attività da svolgere, tali da consentire l’espletamento dell’attività lavorativa da remoto senza necessità di assistenza da parte di terzi; di competenze informatiche, espresse in termini di conoscenze delle modalità di utilizzo delle piattaforme informatiche dell’Ente e degli strumenti con cui comunicare con gli altri da remoto e di competenze gestionali/manageriali espresse in termini di autonomia, flessibilità, capacità di organizzarsi, di gestire il proprio tempo rispetto alle scadenze, di monitorare l’attività svolta, etc.
Tali competenze in quanto condizioni fondamentali per l’efficiente attuazione del lavoro agile devono essere rilevate e, ove carenti, sviluppate attraverso specifici interventi formativi e di sensibilizzazione, reiterati nel tempo.
In questo senso la formazione rappresenta una delle leve strategiche più importanti ai fini dell’introduzione e della progressiva attuazione del lavoro agile nelle Pubbliche Amministrazioni. Rileva sia in termini di ampliamento delle conoscenze e competenze tecnico-informatiche che in termini di competenze gestionali e manageriali.
I percorsi formativi devono essere modulati in ragione dei destinatari. Infatti, il fabbisogno formativo dei dirigenti/responsabili dei servizi è indubbiamente differente rispetto a quello dei dipendenti, stante il diverso ruolo che essi ricoprono nell’ambito del processo di attuazione del lavoro agile.
La formazione del personale dirigente/responsabile deve essere, necessariamente, orientata a sviluppare gli aspetti culturali e manageriali connessi all’integrazione dello smart working; pertanto, le conoscenze e le competenze da potenziare sono riferibili, essenzialmente all’organizzazione degli uffici e del lavoro, alla capacità di esercitare il ruolo nonché alla capacità di garantire l’integrazione del lavoro agile
La formazione del personale dipendente, invece, deve prevedere, oltre al rispetto delle sopraindicate prescrizioni in materia di sicurezza sul lavoro, di cyber security e di protezione dei dati, percorsi formativi diretti ad aumentare le conoscenze tecnico-informatiche, per garantire che lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile avvenga senza pregiudizi alla funzionalità degli uffici e al livello qualitativo dei servizi erogati; potenziare le competenze professionali, intese quali capacità di lavorare in autonomia, gestire il proprio tempo lavorativo, assicurare la realizzazione dei compiti e degli obiettivi affidati.
La formazione è senz’altro un processo dinamico rispetto alle singole organizzazioni e al loro funzionamento, che richiede un’analisi periodica dei fabbisogni formativi al fine di verificare le eventuali necessità del personale dirigente e dipendente, per poi approntare idonei percorsi di aggiornamento e ampliamento delle rispettive competenze e conoscenze.
Il Piano di organizzazione del lavoro agile nell’ambito di un’amministrazione pubblica, da attuare mediante le leve sopra esposte, è un processo graduale che, come qualsiasi altro piano di azione, deve essere schedulato e monitorato ad intervalli regolari, al fine di verificare il livello di implementazione periodicamente raggiunto, rispetto alla fase di avvio, e porre in essere eventuali azioni correttive, necessarie al raggiungimento degli step programmati.

Detta verifica deve essere operata sulla base di un set di indicatori/informazioni dello stato di implementazione del lavoro agile, che restituisca le informazioni utili in ordine all’effettiva attuazione del processo nella singola Amministrazione.

La rilevazione di tali indicatori restituisce un quadro generale dello stato di implementazione, ma non è sufficiente per comprendere le cause di un eventuale ritardo rispetto agli step previsti nel processo. A tale riguardo è necessario che ogni Amministrazione proceda ad un’analisi periodica della situazione relativa alle condizioni abilitanti per individuare quali siano le aree di miglioramento e le necessarie azioni di implementazione. Con tale intento, in alcune realtà pubbliche sono state istituite specifiche cabine di regia volte alla definizione, monitoraggio e sviluppo del progetto di consolidamento del lavoro agile.

Tuttavia, ai fini del corretto sviluppo della predetta analisi risulta necessario il contributo di soggetti/organismi che all’interno dell’Amministrazione svolgono determinate funzioni, quali il Comitato Unico di Garanzia (CUG) che svolge funzioni consultive sui temi del benessere organizzativo e della conciliazione dei tempi di lavoro e di vita privata, anche tramite i pareri resi sul POLA e le relazioni annuali sullo stato di attuazione del lavoro agile, nonché svolge funzioni propositive concernenti la riformulazione del Piano.
Le sue funzioni assumono particolare rilievo a seguito dell’introduzione e del consolidamento del lavoro agile, anche in ragione delle correlate ripercussioni e/o benefici prodotti che richiedono una maggiore condivisione con i vertici amministrativi; Il Nucleo indipendente di valutazione (NIV/OIV) che è l’organo interno all’Amministrazione che si occupa di promuovere, supportare e garantire la validità metodologica dell’intero sistema di misurazione e valutazione della performance individuale e organizzativa, nonché la sua corretta applicazione. Svolge un ruolo importante nel processo di consolidamento del lavoro agile che consiste nel monitorare gli obiettivi definiti in relazione al POLA, rispetto ai quali verifica la rispondenza degli indicatori individuati, ai fini della rilevazione dei risultati conseguiti. Il Responsabile della Transizione al Digitale (RTD) che si occupa di coordinare i referenti informatici di ogni singola struttura dell’Amministrazione, in modo da assicurare il recepimento uniforme delle direttive tecnico-organizzative, onde utilizzare al meglio le piattaforme, gli strumenti e i modelli organizzativi digitali proposti, in attuazione del Piano.
In considerazione dell’importanza della digitalizzazione all’interno del percorso di consolidamento del lavoro agile, il RTD deve essere opportunamente coinvolto: nella definizione della strategia organizzativa complessiva, con particolare riferimento alla dematerializzazione dei processi e degli archivi; nella rilevazione delle esigenze e nella correlata programmazione delle acquisizioni relative alla strumentazione necessaria ad operare in modalità agile e nella programmazione di una specifica formazione per i dipendenti.
In definitiva, qualora dall’analisi complessiva del processo di attuazione del lavoro agile emergessero ritardi, è possibile porre in essere, nei vari ambiti dell’Ente, determinate azioni di miglioramento: a) in ambito informatico o tecnologico, tramite l’ampliamento del novero dei servizi digitali, implementando le modalità di accesso mediante Spid, Pago PA, App IO etc., ovvero implementando e/o integrando i sistemi informativi accessibili da remoto; b) in ambito organizzativo, tramite riadattamenti dell’organizzazione del lavoro e delle procedure degli Uffici e dei Servizi dirette a favorire l’integrazione dello smart worker nel processo lavorativo, da attuarsi, a titolo esemplificativo, attraverso la modifica del flusso lavorativo o con una diversa rotazione del personale in lavoro agile o, ancora, tramite ampliamenti delle possibilità di co-working e near working; c) in ambito formativo, attraverso il potenziamento delle competenze degli attori del processo, con particolare riferimento alla formazione dei dirigenti e dei dipendenti più direttamente coinvolti nel processo.
Le Amministrazioni Pubbliche, oltre alla verifica periodica sullo stato di implementazione complessiva del lavoro agile nell’organizzazione, devono opportunamente rilevare, con frequenza almeno annuale, gli impatti del lavoro agile sulla funzionalità degli Uffici e sul livello di qualità dei servizi erogati.
In quest’ultima tipologia di rilevazione è fondamentale l’apporto del Sistema di misurazione e valutazione della performance, che può estrinsecarsi in diversi approcci metodologici a seconda che sia privilegiata la rilevazione dell’impatto del lavoro agile sulla performance organizzativa, su quella individuale o sui comportamenti organizzativi:
a) sotto il profilo della performance organizzativa, diventa fondamentale la rilevazione di specifici indicatori di economicità, efficienza ed efficacia che consentono di misurare l’impatto del lavoro agile sulla performance organizzativa dell’Amministrazione.
b) sotto il profilo della performance individuale, assume rilievo la maggiore autonomia e flessibilità lavorativa che favorisce la percezione di un miglior equilibrio tra vita lavorativa e vita privata e consente di ottimizzare sia il tempo dedicato al lavoro che la produttività a favore dell’Amministrazione, anche in ragione di una maggiore responsabilizzazione derivante dalla diversa organizzazione del lavoro.

Altro possibile beneficio è rinvenibile nella riduzione dei livelli di stress connessi alla possibilità di lavorare in luoghi diversi dall’ufficio e dall’abitazione e di gestire al meglio il tempo libero.
A fronte dei potenziali benefici è però necessario monitorare gli effetti del lavoro agile sulle performance dei singoli dipendenti in modo da valutare l’opportunità di adottare eventuali azioni di supporto, quali: l’aumento o la riduzione dei giorni di lavoro in modalità agile, la formazione necessaria, la modifica dei processi organizzativi, etc.
I risultati andranno valutati con riferimento agli obiettivi individuali o di gruppo preventivamente assegnati ai lavoratori agili, monitorando il rispetto delle attività programmate.
Per la valutazione individuale il dirigente/funzionario responsabile può avvalersi di dati e informazioni resi disponibili dal controllo di gestione o da altri sistemi informativi in uso per la gestione delle attività lavorative, al fine di monitorare e verificare le attività svolte dal dipendente in lavoro agile, rilevando anche la qualità del lavoro realizzato.
c) sotto il profilo della valutazione dei comportamenti organizzativi dei lavoratori agili è necessario ridefinire, all’interno del Sistema di misurazione e valutazione della performance, le declaratorie delle competenze e dei comportamenti rispetto ai nuovi modelli di lavoro agile. Tale modalità di lavoro impone di concentrare l’attenzione su elementi comportamentali specifici quali ad esempio, la responsabilità, la capacita di organizzarsi e lavorare in autonomia, la comunicazione, l’orientamento al risultato, il problem solving, la capacità di lavorare in gruppo, capacità di risposta, l’autosviluppo e l’orientamento all’utenza.
È importante sottolineare che le tre modalità di valutazione sopra illustrate sottendono ad un approccio differente rispetto al lavoro agile.
Difatti, le misurazioni di cui ai punti a) e b) rappresentano una visione dicotomica della prestazione lavorativa in cui da una parte c’è la consolidata modalità in presenza, mentre dall’altra c’è la nuova modalità agile, in relazione alla quale occorrerà verificare l’impatto rispetto alla qualità e alla quantità dell’apporto reso.
La misurazione di cui al punto c), invece, presuppone l’ampliamento dei comportamenti monitorati, che includono anche specifiche condotte più strettamente collegate al lavoro agile.
Ciò comporta, al contrario, una visione unitaria ed omogenea dell’organizzazione del lavoro e delle procedure, nella quale il lavoro in presenza ed il lavoro agile sono ugualmente funzionali all’efficace ed efficiente andamento dell’Ente.
Tale approccio appare senza dubbio più in linea con l’orientamento assunto dalla normativa e dalle linee guida del Dipartimento della funzione pubblica che raccomandano di riconoscere allo smart working e ai lavoratori agili pari dignità e possibilità di carriera rispetto ai lavoratori in presenza.
Tale tipo di misurazione è, inoltre, più in linea con l’effettiva realtà del lavoro agile nella Pubblica Amministrazione in cui non esistono due categorie di lavoratori: quelli in presenza e quelli agili, bensì un’unica, omogenea categoria di lavoratori che alternano il lavoro in presenza al lavoro da remoto.
In estrema sintesi il sistema di misurazione e valutazione della performance non deve distinguere la prestazione in presenza da quella da remoto, bensì deve essere idoneo a rilevare i risultati individuali ed organizzativi, definendo fattori e parametri idonei ad includere il lavoro agile nel perimetro organizzativo e funzionale dell’Ente.
Rispetto a quanto sopra esposto in ordine alle condizioni necessarie per favorire la progressiva integrazione del lavoro agile nelle organizzazioni pubbliche, ritengo tuttavia opportuno condividere alcune riflessioni in relazione agli obiettivi finali dello Smart Working, alle difficoltà attuative e alle resistenze culturali che tale modalità di lavoro ancora talvolta incontra.

L’esperienza emergenziale ha messo in luce aspetti positivi e negativi della modalità lavorativa agile, che meritano analisi e attenta riflessione, anche ai fini di un’auspicata transizione verso un modello di organizzazione del lavoro, flessibile e digitalizzato.
Con la pandemia si è presa coscienza della realizzabilità di determinati meccanismi semplificati, prima ritenuti utopici, grazie ai quali si sono conseguiti una serie di benefici economico-sociali-ambientali.
In proposito, il monitoraggio condotto dall’Osservatorio sul lavoro agile ha chiarito che i benefici in questione non possono essere considerati solo in termini di equilibrio e soddisfazione personale, ma attengono anche alla performance individuale e organizzativa, complessivamente migliorata in ragione dell’incremento della produttività, della riduzione dell’assenteismo, del risparmio sui costi di gestione, del miglioramento dell’equilibrio tra vita privata e professionale.
Le prospettive future sul lavoro agile dovranno, pertanto, essere orientate verso processi e meccanismi flessibili e meritocratici, incentrati sulla maggiore autonomia e responsabilizzazione del lavoratore.
In tale ottica, le Pubbliche Amministrazioni sono chiamate a mettere a regime le misure adottate durante la fase emergenziale, incentivando il ricorso allo smart working, inteso come strumento di innovazione e modernizzazione, attuativo di un’efficace ed efficiente azione amministrativa e perno del necessario cambiamento. A tal fine le pubbliche amministrazioni sono, pertanto, tenute a:
definire una puntuale regolamentazione del nuovo modello organizzativo di lavoro che contemperi le esigenze di efficienza e continuità amministrativa con le necessità lavorative e personali del lavoratore;
adottare le misure organizzative necessarie ad integrare il processo di lavoro da remoto con l’attività in presenza
implementare l’infrastruttura telematica e digitale, rendendola idonea in termini di accessibilità agli strumenti e di sicurezza e protezione dei dati;
attivare adeguati percorsi formativi finalizzati a consentire modalità lavorative realmente smart;
prevedere strumenti di monitoraggio e verifica degli obiettivi lavorativi e del loro conseguimento.
Le misure sopra elencate appaiono importanti perché il lavoro agile possa essere stabilmente e produttivamente integrato nelle organizzazioni pubbliche.
Affinchè ciò accada, appare tuttavia, è ancora più importante anzi indispensabile, che siano superate alcune resistenze di carattere culturale e organizzativo che si sono manifestate in molte realtà amministrative pubbliche in questa prima fase di avvio allo smart working.
In primo luogo, occorre confutare il postulato secondo il quale il lavoro in presenza è più produttivo di quello reso da remoto. Lo standard della prestazione lavorativa del singolo, come dimostrato ampiamente dalle varie esperienze del settore privato, non dipende dalla presenza o meno del dipendente, quanto piuttosto da una serie di altri fattori, quali:
a) il coinvolgimento del dipendente nella realtà lavorativa, affinchè sia stimolato, a prescindere dalla presenza o meno sul posto di lavoro, a concorrere al raggiungimento dei traguardi del proprio ufficio/struttura
b) un’efficiente organizzazione del lavoro che consenta al singolo di essere inquadrato correttamente e fattivamente nel processo lavorativo, riducendo al minimo tempi e ripetizioni delle attività;
c) Un’adeguata capacità direttiva dei responsabili, siano essi funzionari o dirigenti, che consenta allo smart worker di conoscere compiutamente l’attività che gli è richiesta, l’incidenza della stessa nel più ampio e completo processo lavorativo e che permetta, laddove necessario, l’intervento del responsabile in termini di indirizzo, coordinamento e periodico monitoraggio del lavoro da remoto, senza sconfinare in un controllo di tipo tayloristico delle attività degli smart worker;
Da quanto sopra rappresentato emerge con grande chiarezza che alla base del lavoro da remoto vi deve essere l’esistenza di un rapporto fiduciario tra il Dipendente e l’Amministrazione, nelle persone dei Responsabili di ufficio e servizio.
La consapevole costruzione di tale rapporto, appare peraltro auspicabile in generale, diviene conditio sine qua non per integrare il lavoro agile nella più generale organizzazione lavorativa di un ente pubblico.

In conclusione, lo Smart Working, seppur venuto alla ribalta a causa dello scoppio della Pandemia, costituisce una, se non l’unica, eredità positiva dei recenti tragici momenti vissuti dal mondo intero. Per tale motivo, lo strumento va correttamente attuato, al fine di poter fruire degli innumerevoli vantaggi che sotto svariati profili consente di ottenere e, se possibile, va gradualmente e utilmente implementato. Indietro non si torna! Pertanto, vale la pena di intraprendere questo nuovo percorso con convinzione e consapevolezza.

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