Massima
In tema di licenziamento disciplinare del dipendente pubblico, qualora la Pubblica amministrazione per ragioni di garanzia e cautela, decida di posticipare la propria decisione all’esito del procedimento penale, ciò non significa che l’apprezzamento della gravità e dell’improseguibilità del rapporto debba essere necessariamente condizionato dal comportamento tenuto medio tempore tenuto dal ricorrente. La Pubblica amministrazione, sospendendo il procedimento disciplinare, legittimamente evita ogni giudizio sui fatti commessi, ma la loro gravità è destinata pienamente a riemergere, in tutta la sua portata ed in ogni aspetto, una volta che, con il giudicato, essi si abbiano per definitivamente accertati. Ne deriva che la regolare prosecuzione del rapporto dopo la sospensione del procedimento disciplinare non esclude la possibilità di valorizzare i fatti contestati anche quale ragione di licenziamento in tronco, se da essi, in sé considerati, discenda una valutazione che avvalori la conclusione in ordine alla rottura del rapporto fiduciario. In definitiva il giudizio sull’incidenza dei reati commessi sul rapporto fiduciario resta valutazione di merito, nel caso di specie non implausibilmente fondata sulla gravità dei fatti e sulle peculiarità del lavoro pubblico, sotto il profilo del rispetto della legalità e senza che sia necessariamente decisivo quanto accaduto o il comportamento positivamente serbato dall’incolpato nella pendenza degli accertamenti penali.
Fatto
La Corte d’Appello di Trento ha rigettato il gravame proposto da un lavoratore avverso la sentenza del Tribunale di Rovereto con la quale era stata respinta l’impugnativa del licenziamento disciplinare intimato al predetto dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (di seguito, INPS), quale conseguenza del reato di abuso sessuale a danno di minori, commesso fuori dal servizio e non attinente in via diretta al rapporto di lavoro, ma ritenuto tale da non consentirne neanche provvisoriamente la prosecuzione.
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