Ci si riferisce all’incipit del comma 3 della richiamata disposizione, che esclude la fruizione dei permessi ivi previsti nel caso in cui la persona portatrice di handicap sia ricoverata a tempo pieno.
Si tratta di disposizione, nell’ambito della normativa in materia di diritto all’assistenza di disabili, più volte rimaneggiata dal Legislatore, alla ricerca di un complicato punto di equilibrio tra ragioni della tutela della finanza pubblica, interessi datoriali ed adempimento dei doveri di assistenza e di tutela delle situazioni di svantaggio, nell’ambito del nucleo familiare.
La questione ermeneutica sottoposta all’attenzione della S.C. è di non poco momento, atteso che il tenore della disposizione, particolarmente stringata, non offre all’interprete approdi sicuri di natura letterale.
Deve nondimeno evidenziarsi che diversi effetti, potenzialmente pregiudizievoli, possono discendere dalla differente interpretazione della disposizione controversa, che ruota, in sostanza, sull’ampiezza della nozione di “ricovero a tempo pieno” che, a seconda del contenuto di cui sia volta per volta riempita, corrispondentemente amplia o restringe la portata del diritto.
È infatti agevolmente percepibile come la compressione della sfera di operatività dell’istituto in esame dipenda sostanzialmente dalla portata di tale nozione.
La norma è sul punto, senza tema di smentita, lacunosa, o quantomeno incomprensibilmente ellittica. Il riferimento al generico “ricovero” la rende suscettibile di interpretazioni confliggenti, che a seconda della lettura, più o meno restrittiva, che se ne offra, perviene a negare o riconoscere il beneficio. La questione, di particolare delicatezza in quanto involge interessi tutti degni di speciale considerazione…
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