Stretta sui manager condannati

È l’effetto del decreto sulle incompatibilità (dlgs 39/2013) e della legge anticorruzione

Marcello Serra 11 Ottobre 2013
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I dirigenti pubblici e i titolari di posizione organizzativa condannati, anche solo in primo grado, per reati contro la pubblica amministrazione non possono ricevere dallo scorso mese di aprile nuovi incarichi e, dal novembre del 2012, non possono svolgere le più rilevanti attività gestionali. Sono questi gli effetti derivanti dalle rigide disposizioni, sulle quali pende un sospetto di illegittimità costituzionale per violazione della presunzione d’innocenza, dettate, rispettivamente, dal dlgs n. 39/2013 (il decreto sulle inconferibilità, sulle incompatibilità e sugli incarichi nelle p.a.) e dalla legge n. 190/2012 (c.d. anticorruzione). Queste norme stanno determinando in molti comuni numerosi problemi applicativi e meritano alcuni chiarimenti applicativi. Si deve evidenziare in premessa che, per la Civit, la prescrizione del reato dopo la condanna di primo grado, non costituisce una esimente dall’applicazione di queste limitazioni.

L’articolo 3 del decreto n. 39/2013 vieta il conferimento dei seguenti incarichi a coloro che hanno avuto una condanna di primo grado per reati contro la p.a.: amministrativi di vertice (negli enti locali possono essere considerati tali quelli di segretario generale e di direttore generale); di amministratore di ente pubblico o di ente privato controllato da una pubblica amministrazione (il riferimento va agli incarichi di presidente con delega e di amministratore delegato); di direttore generale, sanitario o amministrativo di Asl e agli incarichi dirigenziali interni ed esterni.

Ricordiamo che gli incarichi dirigenziali interni sono definiti dal legislatore come quelli che comportano in via esclusiva l’attribuzione di competenze di gestione e amministrazione, nonché quelli negli uffici di diretta collaborazione, mentre sono esterni quelli comunque denominati che comportano in via esclusiva l’attribuzione di competenze di gestione e amministrazione conferiti a soggetti non muniti della qualifica di dirigente pubblico o comunque non dipendenti di p.a.

Occorre aggiungere che, sulla base delle disposizioni dettate dall’articolo 2, comma 2, le norme dettate dal decreto sugli incarichi dirigenziali si estendono espressamente ai titolari di posizioni organizzative e a coloro che hanno avuto assegnato incarichi ex articolo 110 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

Ai fini dell’applicazione della disposizione le sentenze di applicazione della pena sono equiparate a quelle di condanna. Vietando la disposizione il conferimento di tali incarichi, la conseguenza è che essa si applica solamente a quelli conferiti a partire dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dallo scorso mese di aprile. La legge n. 190/2012, al comma 46, introduce l’articolo 35-bis del dlgs n. 165/2001.

Esso stabilisce che coloro che sono stati condannati per reati commessi da pubblici ufficiali contro una p.a., anche solamente in primo grado, non possono svolgere i seguenti compiti:

1) far parte, anche solo come segretari, di commissioni di concorso;

2) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, alle acquisizioni di beni, forniture e servizi, alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;

3) non possono fare parte di commissioni per la scelta di contraenti per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, attribuzioni di vantaggi economici di qualunque genere.

È evidente che, soprattutto la seconda sanzione, priva questi soggetti della parte più rilevante delle competenze dirigenziali, quali la gestione delle risorse finanziarie, la stipula di contratti e l’erogazione di benefici. Per cui di fatto a questi dirigenti possono essere conferiti incarichi dimezzati sul terreno gestionale e/o di studio. La disposizione, essendo dettata nella forma del divieto di svolgimento di queste attività, opera dalla data di sua entrata in vigore, quindi produce gli effetti anche sugli incarichi già attribuiti.

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