Sul trattamento economico degli avvocati pubblici

17 Maggio 2024
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Di G. Crepaldi

Nota a: Tribunale Milano, Sez. lav., 6 maggio 2024 n. 1265

In forza di quanto previsto dall’art. 9, comma 7, d.l. n. 90 del 2014, recante la locuzione “trattamento economico”, per di più rafforzata dall’aggettivo “complessivo”, gli avvocati dipendenti degli Enti pubblici hanno diritto a percepire i compensi professionali per i giudizi patrocinati con esito favorevole o che si sono conclusi con pronunce favorevoli per la pubblica amministrazione dagli stessi difesa. Il tetto massimo di tali compensi professionali, retributivo, individuale e specifico di ogni avvocato-professionista legale, per ciascun anno, va parametrato e/o determinato facendo riferimento al trattamento economico complessivo (compresi ovvero ivi computando, quindi, anche gli onorari) percepito dell’anno precedente, valorizzando l’interpretazione letterale della norma richiamata, fermo restando il rispetto del “tetto individuale generale” di cui al comma 1 dell’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014.

Fatto

La ricorrente, premesso di essere stata assunta da Regione Lombardia nel settembre 1988 e di aver lavorato fino al 30 novembre 2020, quando ha cessato il servizio per pensionamento, con qualifica Avvocato Cat. giuridica D, rivendica, in questa sede:
– il diritto a che il “trattamento economico complessivo”, su cui è parametrato il “tetto retributivo individuale specifico” ai sensi dell’art. 9, comma 7, del d.l. n. 90 del 2014, sia determinato computandovi anche i compensi professionali percepiti l’anno precedente quello di riferimento.

La decisione

Il ricorso è fondato.

Motivazioni

Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto seppur nei limiti e con le precisazioni di seguito esposte.
La prima questione posta dalla ricorrente al vaglio dello scrivente giudice attiene alla corretta interpretazione da dare alla locuzione “Trattamento economico complessivo” di cui all’art. 9, comma 7, del d.l. n. 90/2014, conv. con modif. in l. n. 114/2014, ai fini del calcolo del c.d. tetto individuale specifico.
Secondo la prospettazione attorea tale espressione indica il trattamento economico nella sua interezza, comprensivo anche dei compensi professionali e non solo del trattamento economico di base percepito dall’avvocato quale dipendente pubblico.
Al contrario, Regione Lombardia ritiene che “per “trattamento economico complessivo” deve intendersi la somma delle singole voci della retribuzione tabellare (stipendio tabellare, retribuzione di posizione, retribuzione di risultato, tredicesima), non anche i compensi professionali”.
Sul punto, lo scrivente giudice condivide e fa proprie, richiamandole anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 118 disp. att. c.p.c., le argomentazioni di diritto rinvenibili nella recente pronuncia della Corte d’Appello di Milano, emessa in una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame e conseguente ad una decisione del Tribunale di Como (n. 134/2019, doc. 16 ric.).
Nel precedente citato, la prima questione posta all’esame del Collegio attiene proprio alla controversa interpretazione della normativa che disciplina i compensi professionali degli Avvocati dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Si tratta appunto del già citato art. 9 del d.l. n. 90/2014, conv. con modif. in L. n. 114/2014, “norma di contenimento della spesa pubblica, che rinvia ai regolamenti di ciascun ente e alla contrattazione collettiva per i profili non espressamente previsti”.
In particolare, l’art. 9 (Riforma degli onorari dell’Avvocatura generale dello Stato e delle avvocature degli enti pubblici) nel prevedere tre diversi limiti (c.d. “tetti”) per i compensi professionali di avvocati dipendenti di enti pubblici, al comma 7, prevede che: ‘I compensi professionali di cui al comma 3 e al primo periodo del comma 6 possono essere corrisposti in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo”.
Nei precedenti citati dal Tribunale di Como, il giudice di prime cure aveva ritenuto che la locuzione “trattamento economico complessivo”, stante il chiaro tenore letterale, dovessero ricomprendere tutti i compensi percepiti e, quindi, oltre alla parte fissa della retribuzione, anche quella accessoria costituita dai compensi professionali.
L’Amministrazione ha criticato tale tesi, rilevando come una tale interpretazione finirebbe per svilire la ratio legis principale, che è quella del contenimento della spesa, e che l’inclusione nel trattamento economico complessivo anche della parte accessoria, in aggiunta alla parte fissa e tabellare della retribuzione, determinerebbe un effetto differente da quello voluto ed in sostanza opposto, aumentando la spese dell’Ente.
Una simile interpretazione non è stata, tuttavia, condivisa dalla Corte d’Appello, la quale, proprio valorizzando l’interpretazione letterale della norma richiamata, ha ritenuto che le somme in questione concernono la parte di retribuzione da compensi professionali da ripartire fra gli avvocati dipendenti con criteri predeterminati, non integrando un’ipotesi di incentivo – che costituisce una voce del trattamento accessorio – ma una quota di retribuzione conseguita in funzione dell’attività professionale svolta dall’avvocato all’interno e nell’interesse dell’Ente.
Il fatto che il legislatore, all’art. 9, comma 7, del d. l. n. 90 del 2014 abbia utilizzato proprio la locuzione “trattamento economico“, per di più rinforzata dall’aggettivo “complessivo“, non lascerebbe davvero spazio ad alcun dubbio sul fatto che in esso vadano ricompresi anche gli onorari.
Viceversa, qualora il legislatore avesse inteso far riferimento solo a una porzione del trattamento economico dell’avvocato dipendente avrebbe ben potuto utilizzare una differente locuzione (ad esempio quella di “trattamento economico  fondamentale“), o, ancora, fare riferimento ad altre nozioni specifiche quali quelle di “retribuzione ordinaria” o “stipendio tabellare“; in alternativa, avrebbe, ancora, potuto espressamente escludere i compensi professionali dalla nozione di trattamento economico rilevante ai fini della determinazione del tetto.
La Corte ha ancora osservato che esistono diverse pronunce della magistratura contabile che, con condivisibili argomentazioni, hanno stabilito, tra l’altro, che per il calcolo del c.d. tetto individuale possa farsi riferimento, per analogia alla norma dell’art. 9, comma 1, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, comprendente anche il trattamento accessorio; comunque, sempre in riferimento al disposto dell’art. 45 del Dlgs 165/01 che prevede: “1. Il trattamento economico fondamentale ed accessorio fatto salvo quanto previsto all’articolo 40, commi 3-ter e 3-quater, e all’articolo 47 bis, comma 1, è definito dai contratti collettivi”.
Come osservato dalla Corte di Appello di Milano, quindi, non vi è alcuna ragione per escludere l’importo dei compensi professionali percepiti dall’avvocato dell’Ente ai fini del calcolo del c.d. tetto individuale specifico previsto dal comma 7 dell’articolo in questione.
Peraltro, tale interpretazione viene corroborata anche da criteri interpretativi di ordine logico/sistematico, posto che, nel caso accoglimento dell’interpretazione fornita da parte ricorrente non verrebbero frustrate neppure le esigenze di contenimento della spesa pubblica, come invece prospettato da Regione Lombardia.
Come osservato da altro precedente di merito (sentenza del Tribunale di Bologna del 15.11.2023 prodotta in atti da parte ricorrente), richiamata ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., “l’art. 23 ter d.l. 201/2011 individua il trattamento economico annuo onnicomprensivo massimo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all’art. 1 c. 2 d.lgs. 165/2001. Dunque, risulta già esistente un limite generale insuperabile ai trattamenti economici degli avvocati degli enti pubblici. Tale limite è espressamente richiamato dall’art. 9 c. 1 d.l. 90/2014 e, per il suo calcolo, devono essere compresi anche i compensi professionali percepiti ai sensi dei commi 3 e 6. Limitare il trattamento economico complessivo di cui al comma 7 al solo trattamento economico fondamentale – di entità sostanzialmente fissa – determinerebbe la incomprensibile creazione di un ulteriore tetto a quello generale già esistente. In base alla prospettazione del Comune, il tetto individuale specifico di cui al comma 7, equivarrebbe al doppio della retribuzione fissa annuale, rendendo fondamentalmente irraggiungibile (anche solo potenzialmente) il limite di cui all’art. 23 ter e vanificando il richiamo alla stessa disposizione che sarebbe inutiliter data”.
Tutto ciò premesso, va dunque, accertato il diritto della ricorrente a percepire i compensi professionali senza la decurtazione operata da Regione Lombardia sulla base dell’errata interpretazione fornita all’art. 9 comma 7, del d.l. n. 90/2014, in ragione del fatto che il tetto retributivo individuale specifico per ciascun anno va parametrato al trattamento economico complessivo (compresi gli onorari) dell’anno precedente, fermo restando il rispetto del “tetto individuale generale” di cui al comma 1 dell’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014. Di conseguenza, Regione Lombardia deve essere condannata al pagamento – previo ricalcolo del trattamento economico complessivo di cui all’art. 9 c. 7 d.l. 90/2014 secondo l’interpretazione supra fornita – delle somme indebitamente trattenute e non erogate alla ricorrente a titoli di compensi professionali ex art. 9 comma 7 d.l. 90/2014 dal 2014 sino al termine del rapporto di lavoro per collocamento in pensione (30.11.2020), oltre interessi dal dovuto al saldo. Conseguentemente, rimane assorbita la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 comma 7 del d.l. n. 90/2014 sollevata da parte ricorrente.

Redazione Il Personale

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