Sulla riduzione dell’orario di sciopero da parte del MIT

29 Aprile 2024
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Di G. Crepaldi

Nota a: TAR Lazio, Roma, Sez. III, 28 marzo 2024, n. 6084

In assenza della previa segnalazione della Commissione di Garanzia, l’ordinanza di precettazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – MIT, deve recare in modo espresso e specifico l’enucleazione dei presupposti di necessità e urgenza legittimanti l’impulso officioso ministeriale, per cui il potere di iniziativa officiosa del Presidente del Consiglio (o del Ministero delegato), proprio per limitare il più possibile l’ingerenza politica sul diritto di sciopero, è contemplato unicamente nei casi in cui, oltre al fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente del surrichiamato diritto, sussistano e vengano adeguatamente esplicitate nel relativo provvedimento, la necessità e l’urgenza di provvedere.

Fatto

L’Unione Sindacale di Base Lavoro Privato – USB Lavoro Privato da una parte nonché il Cobas Lavoro Privato, l’ADL Cobas, il SGB, il CUB trasporti e l’AL Cobas dall’altra, hanno impugnato l’ordinanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (di seguito “MIT”) n. 198-T del 12 dicembre 2023.
Con tale provvedimento è stata imposta la riduzione a quattro ore dello sciopero nazionale del settore trasporto pubblico locale previsto per il giorno 15 dicembre 2023 e proclamato per una durata di 24 ore.

La decisione

Il ricorso è fondato.

Motivazioni

Nel merito, il Collegio, in coerenza con le coordinate stabilite dalla sentenza dell’Adunanza plenaria n. 5/2015, deve principiare l’esame dei ricorsi, scrutinando la censura di incompetenza del provvedimento impugnato.
In particolare, secondo i ricorrenti, nella specie il potere di precettazione non sarebbe stato specificamente delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri al MIT. Non risulterebbe, infatti, sufficiente il generico tenore del d.P.C.M. del 29 novembre 2022.
La censura non ha pregio, ove si considerino l’adeguatezza e l’autosufficienza del tenore della delega recata dal d.P.C.M. del 29 novembre 2022.
Secondo tale decreto, infatti, “1. L’esercizio delle funzioni e dei poteri attribuiti al Presidente del Consiglio dei ministri dalla legge 12 giugno 1990, n. 146, e successive modificazioni ed integrazioni, è delegato, per quanto non compreso nella delega in premessa e per i settori e gli ambiti di rispettiva competenza al: Ministro dell’interno; // Ministro della giustizia; // Ministro dell’economia e delle finanze; // Ministro delle imprese e del made in Italy; // Ministro del lavoro e delle politiche sociali; // Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste; // Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica; // Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; // Ministro dell’istruzione e del merito; // Ministro dell’università e della ricerca; // Ministro del turismo; // Ministro della cultura; // Ministro della salute”.
Orbene, ove si consideri che il potere di adozione dell’ordinanza di cui all’art. 8 della l. n. 146/1990 in relazione ad un’agitazione collettiva interessante il settore del servizio pubblico locale rientra senz’altro “nei settori e negli ambiti di competenza” del MIT, quest’ultimo costituiva nella specie il soggetto istituzionalmente deputato all’adozione dell’atto avversato.
Peraltro, proprio perché la delega dei poteri comporta il mantenimento in capo all’organo delegante della titolarità delle funzioni e dei poteri il cui solo esercizio viene trasferito all’organo delegato, la succitata conclusione non collide con il disposto dell’art. 8, comma 4, della stessa l. n. 146/1990, che onera specificamente il Presidente del Consiglio della comunicazione alle Camere delle ordinanze di precettazione adottate.
Oltre tutto, tale incombente notiziale risulta ben distinto e successivo sotto un piano logico e temporale rispetto alla potestà di emanazione dell’ordinanza di precettazione, delegabile e ritualmente delegata a termini del summenzionato d.P.C.M.
Va, poi, esaminata la censura condensata nel secondo mezzo, con cui i ricorrenti hanno lamentato la mancata individuazione, nell’ordinanza impugnata, dei requisiti di necessità e di urgenza che, ai sensi dell’art. 8 della l. n. 146/1990, fondano il potere di impulso ministeriale.
La censura coglie nel segno.
Al riguardo, il tenore dell’art. 8, comma 1, della l. n. 146/1990 è chiaro nel prevedere che, al ricorrere dei presupposti di legge (pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati conseguente all’esercizio dello sciopero), il potere di precettazione possa essere esercitato “su segnalazione della Commissione di garanzia ovvero, nei casi di necessità e urgenza” di propria iniziativa, dal MIT.
Ora, l’interpretazione logico-letterale di tale previsione nonché quella funzionale, volta a configurare il potere di precettazione quale potere extra ordinem e residuale, inducono a ritenere che, in assenza della previa segnalazione della Commissione, l’ordinanza di precettazione debba recare in modo espresso e specifico l’enucleazione dei presupposti di necessità e urgenza legittimanti l’impulso officioso ministeriale. Tali presupposti risultano distinti e non possono essere confusi con quelli sostanziali che legittimano il potere di ordinanza (id est il pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati).
A tale lettura induce anche un’interpretazione sistematica della disciplina in materia di sciopero nei servizi pubblici essenziali.
La materia, secondo il quadro giuridico delineato dalla l. n. 146/1990, risulta minuziosamente disciplinata, oltre che da tale legge, dagli accordi, dai codici di autoregolamentazioni, soprattutto dalle deliberazioni della Commissione, alla quale la legge attribuisce la normale valutazione e verifica delle modalità dello sciopero nonché il potere di adottare le misure necessarie, tra quelle previste dalla norma stessa, per garantire il contemperamento del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona.
In questo contesto, l’art. 13 della l. n. 146/1990 attribuisce alla Commissione, fra l’altro, il potere di segnalare “all’autorità competente le situazioni nelle quali dallo sciopero o astensione collettiva può derivare un imminente e fondato pericolo di pregiudizio ai diritti della persona costituzionalmente tutelati di cui all’articolo 1, comma 1” e di formulare “proposte in ordine alle misure da adottare con l’ordinanza di cui all’articolo 8 per prevenire il predetto pregiudizio” (cfr. art. 13, comma 1, lett. f).
L’art. 8 già citato, infine, così prevede: “Quando sussista il fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati di cui all’articolo 1, comma 1, che potrebbe essere cagionato dall’interruzione o dalla alterazione del funzionamento dei servizi pubblici di cui all’articolo 1, conseguente all’esercizio dello sciopero o a forme di astensione collettiva di lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori, su segnalazione della Commissione di garanzia ovvero, nei casi di necessità e urgenza, di propria iniziativa…” il Presidente del Consiglio o il Ministro da lui delegato “adottano con ordinanza le misure necessarie a prevenire il pregiudizio” ai predetti diritti.
A tale stregua, la Commissione risulta, in linea generale, l’organismo fisiologicamente deputato a segnalare alla Presidenza del Consiglio la rilevata sussistenza del “fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona”, mentre al Presidente del Consiglio (o al Ministro delegato) è garantito il potere di agire di propria autonoma iniziativa solo “nei casi di necessità ed urgenza”.
Quindi il potere di iniziativa officiosa del Presidente del Consiglio (o del Ministro delegato), proprio per limitare il più possibile l’ingerenza “politica” sul diritto di sciopero, è contemplato unicamente nei casi in cui, oltre al fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente dei surrichiamati diritti, sussistano e vengano adeguatamente esplicitate nel relativo provvedimento, la necessità e l’urgenza di provvedere.
In questa prospettiva, nel sistema delineato dalla l. n. 146/1990 se l’autorità politica non può sovrapporsi e sostituirsi alla Commissione nel valutare i presupposti per l’attivazione del potere di precettazione, recupera un proprio spazio di intervento se e nella misura in cui riesca ad individuare quei profili di necessità e urgenza di provvedere, necessariamente diversi e sopravvenuti rispetto al quadro già scrutinato dalla Commissione stessa, tali da legittimare la relativa ordinanza quale strumento extra ordinem per la protezione tempestiva e indilazionabile dei diritti degli utenti.
L’iniziativa officiosa dell’autorità politica, quindi, risulta conferita dall’art. 8 della l. n. 146/1990 solo per i casi di straordinaria eccezionalità che la Commissione di garanzia non ha potuto previamente valutare e per i quali sussiste pertanto una condizione di urgenza e necessità di provvedere.
Sulla base di tali coordinate ricostruttive, l’esame della documentazione in atti mette in luce che la Commissione, nelle diverse interlocuzioni con le OO.SS., ha acquisito un quadro completo e chiaro della situazione dello sciopero in discorso, in tutti i suoi aspetti anche di criticità.
Cionondimeno, la medesima autorità di settore ha ritenuto opportuno soltanto adottare un invito formale alle OO.SS. ad evitare la rarefazione oggettiva dello sciopero, invito osservato ma – a differenza di quanto avvenuto in fattispecie precedenti – nulla ha ritenuto di raccomandare, neppure nell’esercizio dei suoi poteri atipici, alle medesime organizzazioni né tanto meno di segnalare al Ministero in ordine all’adozione dell’ordinanza di precettazione.
Orbene, atteso che l’ordinanza impugnata è stata adottata senza la previa segnalazione da parte della Commissione, risultavano indispensabili la chiara esplicitazione delle speciali ragioni di necessità e di urgenza, relative a fatti sopravvenuti eventualmente occorsi a ridosso dell’astensione, tali da legittimare l’intervento officioso del Ministro.
Sennonché, nessuna adeguata indicazione in tal senso è dato rinvenire nel provvedimento avversato, in cui il dicastero si è limitato a far riferimento a fatti e a circostanze già conosciute dalla Commissione ed evidentemente non ritenute idonee a concretizzare l’invito a provvedere ex art. 8 l. n. 146/1990.
Ciò è a dirsi, in particolare: i) per la concentrazione nella stessa fascia oraria delle varie iniziative di astensione collettiva; ii) per gli effetti concreti dello sciopero, tenuto conto del sistema di trasporto intermodale e dell’intensità del traffico passeggeri nelle giornate dell’agitazione; iii) per i disagi degli scioperi, susseguitisi nello stesso torno di tempo; iv) per le avversità atmosferiche, che hanno colpito parte del Paese, elemento questo che, sempreché sopravvenuto, avrebbe al più potuto legittimare un intervento territorialmente più circoscritto, in omaggio al principio di proporzionalità (cfr. per tali aspetti pagg. 2 e 3 dell’ordinanza).
Nessun ulteriore tassello valutativo concernente la necessità e l’urgenza dell’intervento è stato allora aggiunto al pregresso quadro già cristallizzato e valutato dalla Commissione come non idoneo a suffragare la segnalazione ex art. 8 della l. n. 146/1990.
Così facendo, il dicastero ha finito per sovrapporre la propria valutazione del predetto quadro a quella dell’autorità di settore, alterando il vigente assetto regolatorio in materia che, per quanto attiene alla fase di impulso del potere di precettazione, contempla in via ordinaria il potere valutativo della Commissione e, soltanto per i casi d’urgenza, quello ministeriale, quale valvola di sicurezza del sistema.
Ciò beninteso non comporta una degradazione dell’autorità politica a mero braccio operativo della Commissione, atteso che la prima: i) in caso di segnalazione [di] quest’ultima, può sempre astenersi dall’adottare l’ordinanza di precettazione, ove non ne condivida la valutazione; ii) resta titolare autonoma del potere d’impulso, ove enuclei ed espliciti profili di necessità ed urgenza, cioè profili diversi – e segnatamente sopravvenuti – rispetto a quelli già valutabili dalla Commissione, che attualizzino l’indilazionabilità dell’intervento.
Alla luce e nei limiti di quanto illustrato, coglie nel segno il secondo mezzo dei ricorsi, in quanto il provvedimento risulta affetto da violazione di legge (sub specie della violazione dell’art. 8 della l. n. 146/1990) e da eccesso di potere per carenza di presupposto, con riferimento alla fase di impulso dell’esercizio del potere.
Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura condensati nel secondo motivo di ricorso e afferenti ai presupposti sostanziali dell’ordinanza.
Giova, infine, puntualizzare che le conclusioni testé rassegnate non collidono, neppure indirettamente, con quanto statuito da questa stessa Sezione con la sentenza n. 5152/2024 del 13 marzo 2024, in cui è stata accertata la legittimità dell’esercizio del potere di precettazione esercitato con riferimento ad una diversa agitazione collettiva.
Difatti, nella fattispecie decisa, l’accertamento giurisdizionale del corretto esercizio del potere amministrativo ha riguardato aspetti diversi da quelli rilevanti nella specie, cioè sia i presupposti che legittimano il MIT a non osservare il lasso di tempo minimo per l’adozione dell’ordinanza (cfr. art. 8, comma 2, ultimo periodo, della l. n. 146/1990) sia la sussistenza nel concreto dei presupposti sostanziali per provvedere.
Ma soprattutto, nella fattispecie decisa, a differenza di quella oggi all’esame, la ricorrenza di tali presupposti nonché l’urgenza di provvedere era stata asseverata e segnalata dalla Commissione che, con specifica missiva, aveva invitato il MIT a provvedere, in considerazione degli effetti concreti derivanti dalle modalità dell’astensione collettiva pianificate dalle OO.SS.
In definitiva, entrambi i ricorsi devono essere accolti e, per l’effetto, l’ordinanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 198-T del 12 dicembre 2023 va annullata.

Redazione Il Personale

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