Niente regali o graziosi sconti fino a 100 euro, al massimo fino a 150 se l’amministrazione sarà generosa. E niente cadeaux ai capi dai sottoposti, anche tramite loro parenti entro il secondo grado. Pena il licenziamento. E stop all’uso di auto blu, telefoni o internet di Stato a sbafo per motivi personali. Ma anche conflitti d’interesse nel mirino e bocche cucite a prova di insider sulle informazioni d’ufficio. Scatta la stretta anti-corruzione (e anti-spreco) per 3,3 milioni di travet. Una vita a dieta, per chi sgarra, è in arrivo con il «Codice di comportamento dei dipendenti pubblici» che, sotto forma di Dpr, sbarca domani in Consiglio dei ministri. Vita più dura per chi lavora nella Pa, insomma, ma anche per tutti i consulenti e collaboratori della pubblica amministrazione. Compresi i collaboratori degli uffici di ministri, vice ministri, sottosegretari, assessori e politici un genere che hanno le mani in pasta nella cosa pubblica. Il tutto in 17 articoli di un provvedimento che, dopo l’intesa con enti locali e Regioni, ha incassato anche il via libera del Consiglio di Stato, dando così attuazione alla legge (la 190 del 2012) sull’anticorruzione, che a questo punto dà forma generalizzata ai Codici già esistenti. Ma irrobustendoli, rendendoli più severi e più stringenti. La nuova puntata della lotta alla corruzione che il Governo uscente dei professori ha significativamente deciso di varare proprio in questa fase di difficilissimi equilibri politici per la formazione del nuovo Esecutivo, si arricchisce insomma di nuovi contenuti. L’inserimento tra i destinatari del «Codice» dei consulenti degli organi politici e dei collaboratori o consulenti della Pa e dei suoi fornitori, a qualsiasi titolo, è uno degli esempi più significativi delle novità dell’ultima ora. Intanto i principi generali. A partire dal dovere di osservare la Costituzione e di «servire lo Stato» con «disciplina e onore». E così «integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza», saranno la stella polare. Su su, fino ai dirigenti e ai maxi burocrati. Il dipendente pubblico sopra ogni sospetto, dovrà astenersi dal partecipare a decisioni «in caso di conflitto d’interessi» che lo riguardino, e che andranno sempre comunicati all’amministrazione. Mentre la lotta all’insider diventa regola: «Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni d’ufficio». E ancora: «Evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all’immagine della pubblica amministrazione». Della quale, per inciso, in pubblico non dovrà mai dir male. Rispettando i diritti del cittadino, la priorità delle pratiche, sesso, razze, religione o meno, appartenenza politica, condizioni sociali e di salute. Col capitolo «regali, compensi e altre utilità» si entra nel vivo degli usi (quando ci sono) da mettere all’indice. E così: «Il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità». Non li chiede, né li «accetta», ovviamente. Fatti salvi «quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia». Se ricevuti vanno consegnati all’amministrazione, che li restituirà. E per «modico valore», chiarisce il Dpr, si intendono regali e «altre utilità» che «in via orientativa» valgono fino a 100 euro «anche sotto forma di sconto». Che i piani di prevenzione anti-corruzione delle amministrazioni, potranno abbassare anche sotto i 100 euro. O andare oltre: «Al massimo non superiore a 150 euro». In ogni caso i regali oltre il «modico valore» legati ad attività d’ufficio, non potranno essere accettati o sollecitati neppure sotto forma di sconti o buoni acquisto. Anche da un «subordinato» (coniuge, convivente, parenti e affini fino al secondo grado inclusi), né i doni proibiti potranno esser fatti al capo, al suo coniuge o convivente. E questo varrà a maggior ragione anche per gli alti burocrati, che avranno un altro dovere: informare l’amministrazione della partecipazioni azionarie e di altri interessi finanziari che possano configurare conflitti d’interesse col suo lavoro, anche per parenti e affini fino al secondo grado. Tutto alla luce del sole, si spera: perfino la dichiarazione dei redditi.
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