O meglio incide col bisturi uno spartiacque da una parte del quale si schiera la stragrande maggioranza dei primari, sia ospedalieri che universitari, dell’Azienda ospedaliero-universitaria triestina: 40 direttori di altrettante strutture complesse, su un totale di 43 reparti, hanno firmato ieri una lettera in cui, più che prodigarsi in una difesa della riforma, attaccano pesantemente le critiche piovute su di essa, e proprio da una sigla dei medici, ovvero l’Anaao (ma ce n’è pure per l’Ordine dei medici…), etichettandole come strumentalizzazioni che rischiano di finire col delegittimare agli occhi della città il funzionamento del sistema ospedaliero triestino. La lettera dei 40 primari, insomma, prima che una barricata pro-riforma, si configura come una strenua difesa della fiducia che questo sistema ospedaliero deve al di là di tutto continuare a infondere nei triestini.
«Le esternazioni apparse nelle ultime settimane sugli organi di stampa – inizia la lettera – provocano amarezza e sdegno in tutti coloro che lavorano con impegno e dedizione nella nostra Azienda. L’amarezza deriva dal fatto che si faccia arrivare il falso messaggio della diminuzione dell’efficienza o, peggio, della sicurezza: da troppo tempo si sente parlare, senza cognizione di causa, di chiusure di letti di Chirurgia o di Ortopedia quando il corretto parametro da presentare è piuttosto quello dell’attività chirurgica, del numero di interventi, che cresce e deve ulteriormente crescere, con gli opportuni investimenti, e della qualitò degli stessi.
È un fatto che, rispetto a 10 anni fa, grazie ad un importante impegno ambulatoriale, si curano pazienti con durate di degenza inferiori e quindi con un minore fabbisogno di letti di ricovero, senza sacrificare sicurezza e qualità. L’amarezza continua leggendo le parole di chi cavalca ad arte ed in modo chiaramente capzioso, spesso per interesse personale, l’antagonismo tra ospedale e università.
Reparti a direzione universitaria vedono mediamente operativi, per oltre due terzi, medici ý”ospedalieri” e la totalità dei reparti a direzione universitaria cura ogni anno pazienti sottoposti a migliaia di interventi, molti dei quali in regime di emergenza ed urgenza, ed eroga centinaia di migliaia di prestazioni ambulatoriali anche complesse».
«L’universita – chiosa la lettera – non è una torre d’avorio ma un’entità che collabora alla cura, e l’ospedale non è solo un’istituzione che cura, ma promuove cultura e ricerca: solo chi alimenta polemiche a titolo personale non ne vede i vantaggi o li nega capziosamente. Lo sdegno nasce dal leggere commenti falsi sulla Chirurgia e sui tempi di attesa di alcune prestazioni endoscopiche.
Chi ne parla visibilmente non conosce i dati ufficiali di efficacia, efficienza e sicurezza dell’Azienda, o meglio li ignora e li travisa, rappresentando ormai soltanto se stesso. Ci si chiede quanto le persone che hanno preso la parola nei giorni scorsi siano veramente rappresentative della componente medica dell’Azienda, ed è perlomeno discutibile che rappresentanti dell’Ordine dei medici permettano che la casa di tutti i medici appaia schierata implicitamente con una componente minoritaria, portatrice di un pensiero fazioso e strumentale.
Crediamo sia fondamentale riaffermare una forte unitarietà» affinché «la cittadinanza senta la voce reale di tutte le professioni che lavorano nell’interesse in primo luogo dei pazienti, e che chiedono rispetto e sostegno nel percorso di mantenimento del ruolo dell’Ospedale Hub come riferimento regionale e nazionale, di alta specializzazione, con accreditamento internazionale per l’assistenza, l’insegnamento e la ricerca, e mission transfrontaliera».
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