Le autonomie locali sono impegnate da anni, in proporzione assai più rilevante che per altri comparti del settore pubblico e con autoriforme sostanziali, per il risanamento finanziario dello Stato. Oggi siamo di fronte al mancato assolvimento degli impegni assunti dai governi, mentre i vincoli indifferenziati ancora posti alla spesa e soprattutto a quella per investimenti inibiscono le necessarie innovazioni, abbassano il livello di qualità della vita nei territorio, logorano il rapporto fra governi locali e cittadini e sono parte delle cause di depressione economica. La stessa fase di riordino istituzionale avviata dalla legge Delrio non potrà essere adeguatamente gestita dal sistema delle autonomie se non torneremo ad affrontare organicamente il tema del federalismo fiscale, e quindi di una base dell’autonomia finanziaria e fiscale dei comuni che faccia perno soprattutto sull’imposizione immobiliare. A ciò si aggiungano le incertezze ancora così pesanti dovute alla riforma delle province che impegneranno direttamente i comuni. Legautonomie propone alcuni obiettivi di valore generale e simbolico per caratterizzare l’azione delle associazioni di rappresentanza delle autonomie locali. Per l’istituzione del senato delle autonomie locali, che ha visto Legautonomie quale promotrice di una lunga campagna a favore di questa riforma, s’impone e si chiede una riflessione per un migliore equilibrio della rappresentanza, che faccia recuperare peso ai comuni, e perché la nomina dei rappresentanti delle autonomie locali sia espressa direttamente dalle rappresentanze delle stesse autonomie locali. Sul riordino istituzionale, nella fase di consultazione e di decisione nelle regioni, che dovrà chiudersi entro l’anno con la definizione di un quadro chiaro delle funzioni ripartite tra comuni e province, si chiede la salvaguardia dell’autonomia degli enti locali e dei servizi essenziali ai cittadini, senza che si riproponga un neocentralismo delle regioni. La fase di attuazione della legge 56/2014 dovrà infatti svolgersi, come sancito dal recente accordo in Conferenza unificata, tenendo conto delle esigenze di continuità amministrativa, di efficienza e di riduzione dei costi, di semplificazione e razionalizzazione delle procedure. La necessaria valorizzazione delle funzioni fondamentali e la allocazione delle funzioni non fondamentali secondo i principi di sussidiarietà e adeguatezza dovrà avvenire nell’ambito delle procedure di raccordo e concertazione tra regioni e autonomie, quindi anche attraverso i Consigli delle autonomie locali (Cal), e tenendo sempre ben chiari i legami tra funzioni, risorse umane e risorse finanziarie da trasferire. Considerata l’importanza delle funzioni fondamentali che restano in capo alle province e guardando ad istituzioni intermedie che vedano allargati i propri confini territoriali, si devono assicurare risorse adeguate per potere garantire ai cittadini il mantenimento dell’erogazione dei servizi davvero essenziali: la gestione dell’80% delle strade del Paese, di tutte le scuole superiori italiane e del trasporto pubblico locale, la tutela del territorio e dell’ambiente. I sindaci e i comuni devono essere messi nelle condizioni di potere assolvere a queste responsabilità, non concentrando l’attenzione e le risorse aggiuntive sulle sole città metropolitane. Il primo obiettivo è la correzione dei vincoli imposti dal patto di stabilità interno, in occasione dell’approvazione della legge di Stabilità, secondo criteri di virtuosità e l’affermazione dell’autonomia finanziaria dei comuni e delle nuove province per determinare le azioni necessarie di «spending review», che deve essere effettuata in primo luogo dagli enti locali stessi e con un occhio di riguardo ai criteri dei fabbisogni standard e soprattutto della salvaguardia del livelli essenziali delle prestazioni sociali. In questo senso può essere condivisibile l’idea di una spending review che liberi le risorse risparmiate con un processo di razionalizzazione delle società partecipate dagli enti locali e le renda disponibili per progetti di investimento al di fuori dei vincoli del patto di stabilità. Il secondo obiettivo è quello di trasferire allo stato gli oneri che oggi spettano ai comuni per il mantenimento degli uffici giudiziari con l’abrogazione della legge n. 392 del 1941, corrispondendo tempestivamente i crediti maturati dai comuni per spese di competenza statale, come nel caso del mantenimento degli uffici giudiziari. Oggi non solo non vi è restituzione, ma addirittura quelle spese – di cui i comuni si fanno carico surrogando responsabilità dello stato – entrano nel computo del patto di stabilità. Terzo obiettivo: portare a compimento la riforma della dirigenza comunale, visti i limiti della legge Madia su questo versante, con il contratto fiduciario attribuito mediante procedure non concorsuali, e quella delle figure di segretario generale-direttore, con la stessa caratterizzazione fiduciaria e con l’attribuzione di compiti e responsabilità di direzione manageriale, superando le limitazioni organizzative vigenti almeno per i comuni con popolazione superiore a 50 mila residenti. Quarto obiettivo. Azioni a favore delle «Smart innovative cities» e al concorso ai fondi dell’Unione europea (azioni non limitate alle «Città metropolitane»: si veda il documento della commissione permanente per le città strategiche dell’Anci «verso l’Agenda urbana nazionale. Il contributo dei piani strategici di città»). Per arricchire i comuni di competenze interne o esterne in cruciali settori innovativi. Non applicare nei comuni con popolazione superiore a 50 mila residenti – sono n. 149 – i limiti relativi agli incarichi di studio e consulenza e quelli relativi alle assunzioni di personale oggi vigenti per i comuni con riferimento ai soggetti incaricati o assunti esclusivamente per l’attuazione dei seguenti obiettivi: opromozione dell’«Agenda digitale comunale» con innovazioni organizzative, procedimentali e infrastrutturali afferenti agli obiettivi generali e alle priorità dell’Agenda digitale italiana; o programmazione, progettazione e realizzazione di interventi di efficientamento energetico e per l’autoproduzione dell’energia da fonti rinnovabili; realizzazione dei Seap (per i comuni aderenti al Patto dei sindaci o Covenant of mayors promosso dalla Commissione della Ue); o organizzazione della partecipazione dei comuni a reti europee di enti locali, per l’accesso alle azioni dell’Unione europea 2014-2020 e ad azioni specifiche che prevedano partnership con altre città; o esercizio delle deleghe trasferite con il superamento delle province per la promozione turistica delle città e per l’organizzazione dell’industria dell’accoglienza. Si propone, inoltre, di non applicare limitazioni di spesa per l’associazione dei comuni a reti europee di enti locali, funzionali a realizzare le partnership necessarie al concorso alle azioni della Ue. Le spese relative le suddette scelte organizzative e associative non dovrebbero rilevare – dovrebbero essere scomputate – ai fini del rispetto dei contingenti previsti. I prossimi congressi delle Associazioni delle autonomie dovranno costituire l’occasione per un rafforzamento su basi unitarie e di convergenza politico-programmatica dell’intero sistema della rappresentanza degli enti locali, che potrà così esercitare, nell’ambito di un mutato assetto costituzionale, un più efficace e coordinato approccio istituzionale alla ridefinizione del quadro ordinamentale e finanziario del sistema delle autonomie territoriali, che farà leva essenzialmente sui comuni e sulle loro articolate proiezioni istituzionali (province e Unioni di comuni).
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