- 11-bis – Utilizzo delle tecnologie informatiche
Questo articolo stabilisce inequivocabilmente che la mail istituzionale può essere utilizzata solo per fini lavorativi o ad essi connessi e mai per fini personali; la mail personale può essere utilizzata per attività o comunicazioni afferenti al servizio esclusivamente in caso di forza maggiore in cui il dipendente non può accedere all’account istituzionale (commi 1 e 2).
Altra significativa disposizione è quella che richiede che ciascun messaggio in uscita deve consentire l’identificazione del dipendente mittente e deve indicare un recapito istituzionale al quale il medesimo è reperibile (comma 3).
Il dipendente può utilizzare gli strumenti dell’amministrazione per poter assolvere alle incombenze personali senza doversi allontanare dalla sede di servizio, purché l’attività sia contenuta in tempi ristretti e senza alcun pregiudizio per i compiti istituzionali (comma 4).
La criticità di quest’ultima disposizione risiede nell’indicazione di una locuzione indefinita (“in tempi ristretti”) che lascia spazi di interpretazione sia ai dipendenti che all’amministrazione nel valutare la violazione. Occorrerebbe circostanziare maggiormente la fattispecie genericamente prevista dalla norma; quantomeno, i casi consentiti dovrebbero limitarsi a incombenze personali urgenti o impreviste (quindi non posticipabili ad altro momento), che comporterebbero la necessità di allontanarsi dall’ufficio con maggior nocumento per l’amministrazione rispetto ad disbrigo direttamente operato in ufficio;
- 11-ter – Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media, la cui ratio è legata al PNRR, tra i cui obiettivi è presente la modernizzazione della pubblica amministrazione al nuovo contesto sociale.
Considerato l’ampio spazio interpretativo concesso da questo articolo e il conseguente rischio di ledere attraverso disposizioni troppo restrittive il diritto costituzionale di libertà di opinione, si suggerisce un approccio cauto nell’applicazione concreta dello stesso e nella declinazione delle disposizioni nel codice di ente.
Per social network, si possono intendere sia le applicazioni finalizzate a condividere contenuti e a facilitare la connessione social (quali facebook, instagram, tik tok, twitter o linkedin), sia le applicazioni di messaggistica istantanea (quali whatsapp, messenger, telegram).
Nell’utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza (comma 1).
Quindi, qualora nell’account sia indicata la propria qualifica di dipendente pubblico in un determinato ente, è bene che venga sempre esplicitato che il giudizio è espresso a titolo personale.
Si dice, inoltre, che in ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale (comma 2).
E qui l’ambito è davvero ampio, addirittura esteso alla “pubblica amministrazione in generale”; occorre pertanto riflettere sul fatto che, mentre sono ovviamente sempre vietati interventi offensivi, possono esservi commenti o critiche di tipo costruttivo o che il dipendente effettua in qualità di cittadino (e non come dipendente in possesso di particolari informazioni dell’ente).
Il comma 3 prevede che l’utilizzo dei social è possibile per le attività o le comunicazioni cui corrisponde una esigenza di carattere istituzionale, ma – di norma – è vietato per comunicazioni afferenti direttamente o indirettamente il servizio.
E’ poi prevista, al comma 4, la possibilità per le amministrazioni di dotarsi di una social media policy per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, opportunità da valutare attentamente in relazione ai frequenti collegamenti che esistono tra i diversi social e anche al fine di evitare una oggettivazione di comportamenti difficilmente incasellabili nell’ambito di standard predefiniti.
PARTECIPA AL CORSO:
“L’esclusività del rapporto di lavoro e le attività extra dei pubblici dipendenti”
Oltre all’introduzione ex novo dei due articoli citati, altra disposizione molto rilevante è l’introduzione del comma 4-bis all’art. 13 del d.P.R. n. 62/2013, riguardante il comportamento dei dirigenti, attraverso la quale viene attribuito rilievo disciplinare all’assenza di capacità di people management e di visione sistemica dei dirigenti. Tali capacità – comunque richieste per lo svolgimento di ruoli di coordinamento di persone – diventano imprescindibili anche dal punto di vista giuridico.
L’articolo 13 già prescriveva “un comportamento esemplare” del dirigente; con l’art. 4-bis, viene esplicitato che il dirigente deve (ossia ha un obbligo) di curare la crescita professionale dei collaboratori, favorendo le occasioni di formazione e promuovendo opportunità di sviluppo interne ed esterne alla struttura di cui è responsabile.
Una disposizione che, se realmente applicata, comporta la necessità di un cambiamento radicale del mindset di molti dirigenti pubblici, che devono perseguire l’aumento di valore dell’organizzazione attraverso una crescita del capitale umano, a volte anche rinunciando a risorse nella propria struttura a beneficio di altre strutture in cui magari gli stessi possono maggiormente contribuire agli obiettivi attraverso le proprie competenze.
Leggi sulla medesima questione:
Parte 1: “In breve, l’origine del codice di comportamento nazionale e normativa vigente”
Parte 2: “I collegamenti con la contrattazione nazionale e con i sistemi di programmazione e gestione del personale”
Parte 4: “L’applicazione dei codici a soggetti esterni all’organizzazione”
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