Via le province, solo due livelli di governo: regioni e comuni

«Il disegno di legge è pronto, entro luglio in Consiglio dei ministri Avremo risparmi ingenti» «Alle comunità di sindaci i poteri di area vasta sulle strade e sulla pianificazione»

Marcello Serra 14 Luglio 2013
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Un sistema delle autonomie locali che faccia a meno delle province e si regga solo su regioni e comuni. L’attribuzione delle poche funzioni di area vasta rimaste alle comunità di sindaci. La nascita delle città metropolitane per supportare lo sviluppo economico. La spinta alle unioni di piccoli municipi. La potatura delle migliaia di enti intermedi. Sono i pilastri della riorganizzazione amministrativa dell’Italia a cui il ministro degli Affari regionali, Graziano Delrio, sta lavorando. Con un disegno di legge che vedrà la luce entro fine mese. Non appena la Consulta depositerà la sentenza con cui ha bocciato il riordino delle amministrazioni provinciali varato per decreto dal governo Monti. Per essere operativo a partire dal 2014. In attesa che il Ddl costituzionale per l’abolizione delle province arrivi al traguardo che farete? Presenteremo al Paese un progetto complessivo. Il suo primo punto sarà la semplificazione dei livelli di governo che passano a due: Regioni e Comuni. Le Regioni, che sulla base del lavoro dei saggi vedranno riformati i loro compiti con la riforma del titolo V perdendo la competenza in alcune materie strategiche per lo Stato come energia o grandi reti di trasporto, saranno enti di legislazione e di programmazione di area vasta. I Comuni invece avranno le funzioni amministrative come prevede l’articolo 118 della Costituzione. E c’è poi un altro pilastro. Cioè? Le unioni di comuni. Oggi sono solo il 10% contro il 90% della Francia e l’80 della Germania. Dobbiamo imparare che per erogare dei servizi più efficienti bisogna fare massa critica. Dobbiamo stimolare le fusioni o le unioni di comuni sotto i 10mila abitanti utilizzando gli incentivi alle fusioni previsti dal Dl 95, aiutandole a stare fuori dal patto per un periodo più prolungato, erogando stanziamenti ulteriori oppure facendole accedere prioritariamente a bandi di progetti. Le province dunque scompariranno. Ma che fine faranno le funzioni di area vasta che oggi gestiscono? Le province come organi autonomi così come sono ora non ci saranno più. Ci saranno delle comunità o delle articolazioni di comuni che troveranno gli ambiti ottimali per gestire solo alcune delle funzioni amministrative di area vasta oggi affidate alle province. Cosa accadrà ai dipendenti? Con il trasferimento delle funzioni avverrà il trasferimento delle risorse umane e strumentali agli altri enti. Come saranno articolate queste comunità di area vasta? Con quali compiti? La mia idea è che, partendo dagli attuali confini geografici provinciali, ci saranno delle comunità di secondo livello e senza personale politico, dove l’elettorato attivo e passivo spetterà ai sindaci della zona, che a titolo gratuito si occuperanno di pianificazione e di strade. Le altre funzioni di area vasta passeranno ai comuni a meno che la singola regione non preferisca tenerle per sé. Solo le città metropolitane avranno competenze ulteriori. Quali? Da noi le città metropolitane sono una risorsa inesplorata mentre in altri Paesi come Francia e Germania lo sviluppo si basa proprio sulle aree metropolitane. Non possiamo più aspettare. Per questo a metà del 2014 non solo dovranno essere state elette ma dovranno anche avere iniziato a scrivere il loro statuto. Fermo restando che saranno sempre organi di secondo livello e il sindaco metropolitano sarà il sindaco del comune capoluogo. Avranno funzioni legate allo sviluppo economico, all’attrazione degli investimenti alla gestione dei servizi di trasporto. Devono fare da volano per l’economia del Paese. Se alle 10 città metropolitane nelle regioni ordinarie aggiungiamo le 4 nelle speciali ecco che abbiamo un hub con 20 milioni di persone. Che ne sarà di quelle migliaia di enti e agenzie che oggi esistono tra regioni e comuni? Tutto ciò che c’è in mezzo tra regioni e comuni va analizzato e ridotto. Partendo da un principio di semplificazione vasta. Con il Ddl facciamo un quadro organico per unioni, fusioni, città metropolitane. Poi ci sediamo intorno al tavolo con i presidenti di regione, di provincia e delle società da accorpare e decidiamo come procedere alla riduzione e alla razionalizzazione degli enti intermedi. Dal riordino delle province l’ex ministro Giarda aveva stimato un risparmio massimo di 600 milioni. E dal suo intervento? Per ora preferisco non dare cifre, ma sono certo che se procediamo con un lavoro stringente possiamo recuperare molto più di 600 milioni.

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