Sanzioni disciplinari: vietato sanzionare il lavoratore due volte per la stessa mancanza

Il divieto di duplicazione della sanzione disciplinare in ordine ai medesimi fatti costitutivi è principio generale comune ad ogni sistema sanzionatorio, mutuato da quello penale, ai cui principi ogni ordinamento, ove in misura maggiore, ove minore, si richiama.

22 Febbraio 2017
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Il divieto di duplicazione della sanzione disciplinare in ordine ai medesimi fatti costitutivi è principio generale comune ad ogni sistema sanzionatorio, mutuato da quello penale, ai cui principi ogni ordinamento, ove in misura maggiore, ove minore, si richiama. In ambito disciplinare pubblico, non è codificato né dalla legge fondamentale (D. lgs. n. 165/2001), né dalla disciplina contrattuale relativa ai singoli settori; nondimeno, esprimendo un fondamentale canone di civiltà giuridica, condensato nel ben noto brocardo latino “ne bis in idem”, non v’è dubbio che esso trovi pacifica applicazione.
La fattispecie sulla quale si sofferma la sezione Lavoro della S.C. di Cassazione, con la pronuncia n. 3855 del 14 febbraio 2017, trova origine nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, la cui disciplina speciale, contenuta nel R.D. n. 148/1931, presenta diversi aspetti di interesse, anche in relazione al precipuo campo di interesse della Rivista che ospita la presente rubrica.
Nello specifico, è contestata la legittimità del licenziamento di un dipendente per scarso rendimento, secondo l’ipotesi tassativamente prevista dall’art. 27 lettera d) dell’allegato A al citato R.D. n. 148/1931 a mente del quale l’esonero dal servizio è previsto, tra le altre ipotesi stabilite dalla predetta norma, altresì “d) per scarso rendimento o per palese insufficienza imputabile a colpa dell’agente nell’adempimento delle funzioni del proprio grado”
Il Tribunale, in primo grado, rigetta la domanda del lavoratore, che interponeva appello avverso la sentenza del giudice di prime cure, instando per l’integrale riforma della stessa. La Corte territoriale rigettava il gravame, argomentando nel senso per cui, alla stregua del richiamato art. 27 del R.D. n. 148/1931, le assenze per malattia e quelle per permessi non possono rientrare nella valutazione di scarso rendimento, essendo previste, dalla citata norma, quali specifiche ipotesi di esonero dal servizio. Diversa valutazione compie il giudice di appello rispetto alle pregresse sanzioni disciplinari subite dal lavoratore appellante, “…giacché lo scarso rendimento che giustificava l’esonero definitivo dal servizio poteva consistere nella inadeguatezza – quantitativa o qualitativa della prestazione – ed essere integrato anche dal cumulo di infrazioni disciplinari pregresse”.

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